“Medico per i pensieri che ho, raccolgo la mia anima in pezzi” (Tony Boy)
di Gaya Panini
Molte volte mi hanno posto la classica domanda: “Qual è la tua più grande paura?”.
E, spesso, anzi sempre, l’ho ignorata. Perché, alla fine, è la solita domanda retorica che si fa quando due persone iniziano a conoscersi, e per questo si tende a rispondere a caso, senza darle peso.
“Siamo grandi ormai per avere paura”
Poi, però, torno a casa, da sola, e ci ripenso. Riflettendoci, capisco che, forse, non è poi così scontata.
Nella mia testa non mancano le paure.
Paura è una parola che conosco bene.
Quella che conosco meglio è la paura di fallire, di sbagliare.
Ma ce n’è un’altra, molto più grande, che a volte mi fa dimenticare come sia vivere senza di essa:
la paura di crescere, di perdermi gli attimi e ritrovarmi vuota.
No, non ho paura di crescere nel vero senso della parola.
Ho paura di essere già troppo grande per certe esperienze.
Ho paura di aver perso la mia occasione.
“Certe cose si fanno solo a quest’età.”
Ho paura di essere in ritardo rispetto ai miei coetanei, di non aver fatto in tempo.
Ho paura di non poter provare certe emozioni, di non aver vissuto abbastanza nel momento giusto.
E, nonostante tutto, nonostante le mille paranoie che mi portano a pormi mille domande,
non riesco a cambiare.
Non riesco a lasciarmi vivere.
Non riesco ad assaporare ogni secondo della mia adolescenza.
Cerco di dare un senso a cose che senso non ne hanno, dimenticandomi di respirare, di godermi le piccole cose che, da “grande”, mi pentirò di non aver vissuto.
Cerco di organizzare ogni mio pensiero, costruendo una vita finta, fatta di obiettivi irraggiungibili e insani, solo per crearmi un passato perfetto e non avere rimorsi in futuro.
Ma questa cosa non fa altro che distruggere ogni mio ricordo, rendendolo finto, mai vissuto per davvero.
È inutile. È come se, per qualche anno, avessi smesso di vivere, aspettando di diventare grande e di dover solo ricordare.
Ricordi che, però, non ci saranno mai.
E questo sottolinea il numero infinito di errori che faccio.
Errori che mi cambiano, che mi portano a smettere di credere nelle cose belle e spontanee.
La mia paura è grande, perché ogni giorno quello che più temevo il giorno prima accade.
“Hai chiesto la fioritura dei fiori e ti lamenti per la pioggia.”
Chiediamo di crescere e ci lamentiamo quando succede.
Perché, mentre sognavamo di essere grandi, stavamo buttando via momenti che da grandi rimpiangiamo.
Ma a volte la pioggia porta l’arcobaleno.
Ed è quando i suoi vividi colori splendono nel cielo che dovremmo fermarci e respirare, ammirando quella meraviglia.
E allora, mi godo la mia pioggia e aspetto che arrivi il sole.
Ciò che è destinato a rimanere, rimane.
Del resto, posso farne a meno, devo farne a meno.
È difficile da dire, ancora di più da accettare, ma forzare qualcosa porta a perdere qualcos’altro destinato ad accadere.
Quindi basta vivere per finta.
Godiamoci ogni secondo, sbagliamo e sistemiamo.
E viviamo per il nostro futuro, ma soprattutto per il nostro presente.