Al di là degli indubbi benefici pratici, recenti studi dimostrano come imparare una nuova lingua abbia importanti effetti sul nostro modo di pensare e sul nostro cervello. Cerchiamo quindi di capire come il linguaggio ci influenzi e come noi lo influenziamo a sua volta.

di Davide Sassu

Illustrazione di Greta Vaccari

Il nostro corpo si evolve per adattarsi all’ambiente e alle condizioni di vita, non solo nell’arco di milioni di anni, ma anche nel corso della vita di una persona. Un esempio eclatante sono i bambini della tribù Moken che, abituati fin da piccoli a tuffarsi in acqua e passarci lunghi periodi, adattano le proprie pupille per vedere sott’acqua. In maniera simile le strutture fisiche del nostro cervello cambiano sulla base delle attività mentali che svolgiamo. Imparare una lingua, usarla spesso, e passare spesso da una lingua all’altra sono attività che molto più di altre portano il nostro cervello a svilupparsi. Quando il nostro cervello riceve una parola, si attiva per decifrarla ed evitare di confonderla per un’altra simile. In una persona che parla più lingue vengono anche considerate parole delle altre lingue conosciute, aumentando così il volume delle parole che vengono scartate per trovare quella giusta. Al contrario di ciò che si potrebbe pensare, conoscere più di una lingua non rallenta questa attività, anzi con il tempo il nostro cervello viene ottimizzato al punto che le regioni del cervello usate per definire le parole vengono attivate di meno. Questo rende il cervello più efficiente nel gestire l’immenso volume di informazioni che deve processare secondo per secondo. Un altro effetto dell’uso di una seconda lingua sul nostro cervello è il miglioramento dell’attenzione e la sensibilità ai suoni. Entrambe queste abilità sono importanti per imparare una nuova lingua, il che potrebbe spiegare perché imparare una terza lingua può risultare più facile, avendone già imparata una. Dato che le stesse aree del cervello vengono usate per attività legate o slegate dal linguaggio, un altro beneficio dell’esperienza con più lingue è un miglioramento delle prestazioni in contesti che non coinvolgono il linguaggio. Inoltre, è dimostrato che l’aver conosciuto e utilizzato a lungo più di una lingua può ritardare l’insorgere dei sintomi della demenza senile di circa quattro anni.

Oltre che avere un effetto fisico sul nostro cervello, imparare una nuova lingua potrebbe arrivare a cambiare il nostro modo di pensare e vedere le cose. Come e se la lingua che parliamo possa influenzare il nostro modo di pensare è oggetto di dibattito tutt’oggi, perché nonostante molteplici studi non è stato possibile provarlo con certezza. In uno studio del 2015 dell’università di Lancaster si è provato a capire se in una persona bilingue esistessero “due menti diverse”, a seconda della lingua parlata in quel momento. In tedesco non esiste uno strumento grammaticale per posizionare le azioni in un periodo di tempo, e questo porta chi parla in tedesco a specificare inizio e fine degli eventi; al contrario, siccome l’inglese è dotato ti questo strumento, chi parla in inglese tende a concentrare la frase solo sull’evento, ad esempio dicendo semplicemente “Un uomo cammina”, piuttosto che “Un uomo esce di casa e si incammina verso un negozio”. Partendo da questo presupposto, è stata fatta vedere a persone tedesche e inglesi una serie di video che mostravano persone intente a camminare, correre o guidare. In alcuni video lo scopo dell’azione era chiaro, in altri non c’era, e in altri ancora era ambiguo, mostrando per esempio una donna dirigersi nella direzione di un’automobile parcheggiata, ma senza che fosse chiaro l’obiettivo della donna. A questo punto è stato chiesto ai partecipanti di dividere le immagini tra quelle che mostravano un obiettivo e quelle che non lo facevano. I partecipanti tedeschi hanno dimostrato una maggior tendenza ad associare le immagini con obiettivo ambiguo a quelle con un obiettivo chiaro rispetto ai partecipanti inglesi. Ciò che è interessante è che persone tedesche che però parlavano fluentemente l’inglese ottenevano risultati diversi in base alla lingua a cui erano esposti: quelli che hanno partecipato all’esperimento in Germania hanno ottenuto risultati simili ai loro compatrioti, e invece quelli testati nel Regno Unito hanno risposto in maniera simile ai madrelingua inglesi. Lo studio suggerisce che imparare una nuova lingua possa cambiare inconsciamente il nostro modo di pensare e di vedere la realtà ogni qualvolta siamo esposti a quella lingua, anche se non può essere considerato come un risultato definitivo e ulteriore ricerca sarà necessaria per provare questa teoria.

Illustrazione di Viola Romanelli

Possiamo quindi ammettere che la lingua influenzi il nostro modo di vedere la realtà e le strutture del nostro cervello, ma è possibile anche ammettere che valga il contrario, e che il nostro modo di percepire la realtà e la struttura del nostro cervello abbiano influenzato lo sviluppo del linguaggio? Una caratteristica che accomuna tutte le lingue umane, e che è strettamente legata a un modo di vedere il mondo umano è il modo in cui disponiamo il linguaggio nel tempo. Le parole le pronunciamo o le scriviamo una dopo l’altra, lungo una linea temporale, perché è così che percepiamo il tempo. Quando scriviamo possiamo disporre le parole attraverso lo spazio liberamente ma inevitabilmente andranno lette in un ordine preciso per essere comprese. Nel film Arrival (Denis Villeneuve, 2016), per esempio, l’uomo viene a contatto con una specie aliena, e scopre estremamente difficile stabilire una comunicazione, proprio perché questi alieni hanno un modo di concepire il tempo che è del tutto simile al nostro modo di concepire lo spazio, che li porta ad avere un linguaggio con diversi fondamenti temporali dal nostro. Sarebbe possibile imparare una lingua con fondamenta così diverse da qualsiasi altra lingua umana, figlia di un cervello che funziona in maniera così radicalmente diversa dal nostro? Questa è una domanda a cui oggi non possiamo rispondere, ma la risposta è strettamente legata alle capacità del cervello umano di concepire il tempo come una dimensione spaziale: forse è una capacità che potremo acquisire con l’evoluzione, o magari il nostro cervello è già pronto, ma ci manca una “chiave”, o ancora è qualcosa di semplicemente impossibile. Magari, la chiave potrebbe proprio essere questa lingua che potrebbe aprirci a un modo di vedere il mondo per noi oggi inimmaginabile, in maniera simile a come una lingua straniera plasma il nostro cervello e il modo in cui intendiamo la realtà.

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