“Riflessi di vita nel concerto di Mace“
di Elia Castagna
Immaginate se Elon Musk e Dante Alighieri avessero un figlio: quello probabilmente sarebbe Mace. Potreste descriverlo in mille modi: un visionario oppure un regista del terzo millennio che usa la musica come copione e video stravolgenti come ambientazione. Oppure potrebbe essere semplicemente come un semplice pazzo con i capelli verdi. Ma che lo amiate o lo odiate, sicuramente rimane impresso come solo un personaggio come lui può fare.
Ma chi è davvero Mace?
Mace, pseudonimo di Simone Benussi, nasce a Milano il 9 luglio 1982 ed è un disc jockey, beatmaker e produttore discografico italiano. Da molti anni crea basi per moltissimi artisti italiani del calibro di Gemitaiz e Chiello. Solo nell’ultimo periodo inizia a farsi un nome proprio, uscendo da dietro le quinte e usando la sua rete di contatti tra le voci più popolari d’Italia per diffondere il suo messaggio. Lo conoscete sicuramente per i suoi album; il suo ultimo, intitolato “Maya”, gli permette di aggiungere numerosi altri dischi di platino alla sua collezione.
L’inizio del concerto
Mace riconferma la sua abilità di lasciare il pubblico esterrefatto. Il concerto del 18 ottobre, al Forum di Milano, comincia con un’apertura improvvisa, fulminante, che prende tutti alla sprovvista. Ricordo ancora che, mentre stavo scattando una foto allo stadio, e rendendomi conto di quanto fosse pieno, all’improvviso si fa tutto buio. Non ho avuto neanche il tempo di realizzare cosa stesse succedendo, che parte la musica e lo stadio si illumina. Gli schermi iniziano a mostrare immagini al limite del reale: paesaggi alieni che si alternano a foto di momenti storici come l’allunaggio o simboli alchemici, fino a fondersi con i simboli iconici delle canzoni di Mace. Il pubblico rimane stupefatto da uno spettacolo di luci e immagini che sembrano parlare di tutto contemporaneamente. Le immagini accompagnano la musica come se ne stessero sostituendo il testo.
La filosofia di Mace
L’unione di musica e immagini, unica dello stile di Mace, non si limita all’essere uno sfoggio artistico, ma mira a trasmettere concetti più profondi, tipici della sua narrazione. Questi temi invitano a guardare dentro sé stessi e ad affrontare i problemi su un livello più profondo. Il discorso motiva gli spettatori a resistere nei momenti più bui, a cercare la luce e a lottare per trovarla. Verso metà concerto c’è un intervento da parte dello stesso Mace, la cui console si sopraeleva inaspettatamente durante una parte dell’esibizione. L’intervento viene accolto con il silenzio religioso proprio dei fedeli che ascoltano la messa. L’artista fa appello all’emotività del pubblico, invitando ad amare gli altri e sé stessi. Parla di come siamo tutti insieme in un unico viaggio e di come tutti dovremmo aprirci a nuove esperienze. Non ci sono interruzioni al suo discorso e tutti gli schermi mostrano la sua immagine solenne mentre trasmette il messaggio di quel suo viaggio in cui ha trasportato il pubblico. Ma ciò a cui allude non è un viaggio come gli altri: parla di un percorso che, se intrapreso, spinge ciascuno di noi ai confini della percezione e apre la porta a nuove esperienze e punti di vista. L’allusione è chiara e il messaggio indelebile.
Un’esperienza oltre la musica
Il concerto di Mace va oltre l’intrattenimento, trasformandosi in un invito a esplorare il proprio mondo interiore e ad abbracciare nuove prospettive. Attraverso suoni, immagini e parole, l’artista crea un’esperienza immersiva che spinge lo spettatore a riflettere e a cercare un cambiamento dentro di sé. Alla fine, il pubblico lascia il Forum di Milano portando con sé un messaggio indelebile: il vero viaggio è quello interiore.
Se volete ascoltare mace potete trovare la playlist del concerto su Spotify, cercando la playlist “mace x concerto”