Nella prima assemblea di istituto in presenza, i ragazzi del Fermi hanno incontrato Kary De Pryck, rinomata ricercatrice dell’IPCC, l’organo dell’ONU che monitora il fenomeno del cambiamento climatico.  Diverse le questioni poste: la fantomatica transizione ecologica sta avvenendo? Come possiamo garantire un futuro per tutti?

di Pietro Casari

Lunedì 19 dicembre gli studenti hanno partecipato alla prima assemblea di istituto dell’anno, presenziata da Kary De Prick, ricercatrice belga dell’IPCC, il gruppo intergovernativo di ricerca sul cambiamento climatico, riconosciuto oggi come la voce scientifica più attendibile su quella che è chiaro essere “la sfida del futuro”.

I ragazzi hanno potuto ascoltare l’opinione e le risposte della scienziata rispetto alle grandi questioni che aleggiano oggi intorno al tema. Cos’è il cambiamento climatico? Qual è il significato e quali sono le reali conseguenze di un innalzamento delle temperature di un 1,5°C (o addirittura 2°C o 3°C)? Cosa dobbiamo effettivamente fare per contrastare questo fenomeno? Le risposte hanno evidenziato come l’attuale tendenza a non voler lavorare per rimanere nei limiti imposti dagli accordi internazionali, porterà certamente a situazioni catastrofiche ancor più aspre di ciò che abbiamo potuto osservare durante gli eventi climatici estremi di quest’estate (siccità, scioglimento dei ghiacciai, inondazioni, incendi…). “Quando pensiamo all’innalzamento di 1,5°C potremmo anche credere che sia un vantaggio. Chi non vorrebbe andare la mattina d’inverno con una temperatura meno rigida? Questo ragionamento è sbagliato. L’innalzamento delle temperature globali corrisponde ad un innalzamento medio delle temperature in tutte le parti del mondo e quindi a un profondo sconvolgimento dei loro ecosistemi”.

Per evitare che la situazione ci sfugga di mano, secondo la dottoressa, dobbiamo iniziare a cambiare mentalità e a operare scelte mirate e responsabili, adottando cioè un atteggiamento virtuoso nel rispetto del mondo in cui viviamo.

La dottoressa si è soffermata sull’importanza della relazione tra scienza e politica. Ogni anno i paesi dell’ONU si ritrovano nelle COP (Conferenza delle Parti – famosa è stata quella del 2016, in cui si sono sanciti gli “Accordi di Parigi”) per discutere le soluzioni atte a contrastare la minaccia climatica in base alle indicazioni contenute nella relazione fornita ogni sei/sette anni dall’IPCC. Il rapporto tra scienza e politica resta tuttavia complicato. “La politica internazionale deve avere più coraggio e fare scelte più drastiche e veloci. Voi, che tra poco potrete votare, dovrete scegliere quei partiti che mettono la crisi climatica come il primo dei problemi. Purtroppo gli accordi internazionali non sono mai sufficienti a risolvere il problema ed evitare le conseguenze sul cambiamento climatico, soprattutto per i paesi più svantaggiati, i primi a subire questi effetti e allo stesso tempo i più poveri. Questo succede a causa dell’ingerenza dei paesi che hanno maggiori interessi economici a mantenere l’utilizzo dei combustibili fossili o di meccanismi economici estremamente inquinanti; lo stesso vale per i rappresentanti delle grandi industrie inquinanti, che sono ad oggi la più grande fonte di emissione di CO2. I maggiori responsabili della crisi climatica dovrebbero essere i primi a volerla evitare. La tendenza negli ultimi anni sta fortunatamente cambiando grazie ai movimenti ecologisti giovanili e alla determinazione dei loro coraggiosi attivisti. È fondamentale il nostro impegno politico-sociale per favorire quella che chiamiamo transizione ecologica verso un altro sistema economico-produttivo. Seppur le soluzioni siano ancora poco chiare e complesse (come trovare un sistema economico alternativo? Ndr), dobbiamo iniziare a lavorare e capire che tutti dovremmo fare sacrifici”.

Un appello agli studenti, dunque, un appello alla consapevolezza che un futuro catastrofico è evitabile solo con l’aiuto di tutti.

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