Una malattia ai margini, ma assolutamente da non sottovalutare
di Paola Favalli 1BSA
I disturbi del comportamento alimentare (DCA) spesso vengono trascurati a causa della mancanza di consapevolezza e comprensione da parte della comunità medica e della società in generale. Tuttavia, è importante sensibilizzare l’opinione pubblica su queste malattie e fornire il supporto e le risorse necessarie per coloro che ne sono affetti.
I DCA sono condizioni complesse e spesso conosciute superficialmente, benché colpiscano un gran numero di persone in tutto il mondo. Secondo i dati del 2023 dell’Osservatorio Aba solo in Italia ci sarebbero circa 3 milioni di persone a soffrirne, (22mila quelli effettivamente in cura), con un incremento del 30% in seguito alla pandemia. Il 95,9% sono donne, il 4,1% uomini, mentre l’età di insorgenza si sta notevolmente abbassando con molti casi tra gli 11 e i 13 anni.
Quando l’autostima è eccessivamente influenzata dall’immagine corporea, come la forma fisica e il peso, le probabilità di cadere nella trappola aumentano. I DCA sono infatti legati alla valutazione disfunzionale che la persona fa su se stessa, poiché il valore percepito è fortemente connesso all’ideale di magrezza, al peso e al controllo della propria forma corporea. Questi disturbi sono accomunati dal pensiero ossessivo del cibo, dalla paura morbosa del sovrappeso abbinata a una percezione deformante del proprio corpo e ad una bassa stima di sé. La conseguenza è l’assunzione di cibo in modi che compromettono lo stato di salute fisica o il funzionamento psicosociale di una persona. Quelli più conosciuti sono l’anoressia, la bulimia e il binge eating disorder.
Una persona anoressica, per quanto possa essere magra, non riesce a convivere con un corpo che le sembra comunque sempre eccessivamente grasso. Il problema del peso diventa tanto importante da farle saltare i pasti, spingendola ad abusare di medicinali come lassativi e diuretici. Di solito inizia con una dieta, ma questa cela solo un profondo disagio che la persona tenta di mettere a tacere attraverso un controllo ossessivo delle calorie e del peso. Attacca duramente il corpo nelle sue funzioni vitali fino a causare gravi conseguenze come insufficienza renale, alterazioni cardiovascolari e, nei casi più tragici, la morte. Si contano circa 4 mila morti ogni anno per queste malattie.
La bulimia (letteralmente “fame da bue”) si caratterizza per un’esasperata assunzione di cibo; a queste abbuffate seguono dei tentativi di sbarazzarsi degli alimenti ingeriti, solitamente tramite vomito autoindotto o diuretici. Dopo questi attacchi di fame incontrollata, insorgono profondi sensi di colpa che fanno sprofondare nella depressione.
Chi soffre di Binge Eating Disorder sperimenta ricorrenti episodi in cui consuma grandissime quantità di cibo, ma, a differenza dei bulimici, non cerca di espellere con comportamenti compensatori quanto ingerito. Al contrario vive ripetutamente questi eccessi nella solitudine e nella vergogna, sviluppando un profondo senso di colpa.
Ogni anno, il 15 marzo, si celebra la giornata del fiocchetto lilla con l’intento di diffondere la conoscenza dei disturbi alimentari e per promuovere la prevenzione e l’informazione. La scelta del colore lilla non è casuale: questo colore unisce il calmo blu al vibrante rosso ad indicare l’esacerbante sofferenza interiore che si cela dietro l’apparente tranquillità.
L’associazione che ha ideato questo evento è “Mi nutro di vita”, il cui presidente è padre di una giovane donna morta per bulimia proprio il 15 marzo. La sofferenza è stata trasformata in aiuto e speranza per altri. Questa associazione, infatti, in unione con altre dal medesimo intento, si propone, oltre a dare un sostegno concreto a chi soffre di DCA attraverso la ricerca, anche di sollecitare la creazione di una rete di servizi dedicati su tutto il territorio nazionale e tutelare i diritti dei malati offrendo supporto legale. Si battono inoltre affinché crescano gli investimenti per l’istituzione di nuove strutture, giacché le 126 pubbliche censite nel 2023 dall’Istituto superiore di sanità sono insufficienti e determinano tempi troppo lunghi per la prima diagnosi.
Per fare in modo che questi disturbi siano conosciuti da tutti penso sia opportuno educare le persone sull’importanza di avere un rapporto sano con il cibo e con il proprio corpo; questo si può realizzare fornendo sostegno e aiuto a coloro che ne soffrono attraverso adeguati servizi di assistenza e supporto psicologico.
Bisognerebbe, inoltre, promuovere una cultura della diversità corporea e dei diversi tipi di fisicità, combattendo gli stereotipi di bellezza imposti dalla società.
Attraverso il coinvolgimento delle istituzioni, degli operatori sanitari, delle associazioni e della società civile è essenziale riconoscere e trattare tali disturbi in modo efficace per garantire un sostegno a chi ne soffre e affinché questi comportamenti siano riconosciuti come malattie invalidanti e studiati maggiormente.