Il nome deriva proprio dai buchi nelle mele creati dai vermi, ma non si tratta di questo.

di Martina Bonali

Un wormhole, chiamato anche ponte di Einstein-Rosen, è un tunnel spazio-temporale teorizzato da Einstein e consentito dalla sua relatività generale, in quanto soluzione delle equazioni di campo. In queste ipotetiche regioni lo spaziotempo si curverebbe fino a collegare due luoghi/tempi diversi, proprio come si vede nel famoso film “Interstellar” oppure in alcune pellicole della Marvel.

Immaginiamo due lati di una grande montagna: per passare dall’ uno all’altro, normalmente gireremmo intorno ad essa, ma, per arrivarci più rapidamente, è possibile creare una galleria che passi proprio attraverso il monte ed accorciare, così, la strada. Questo è esattamente quello che farebbe un wormhole, ma, anziché attraversare una montagna, consentirebbe di spostarsi attraverso lo spazio-tempo.

Illustrazione di Camilla Furini

Albert Einstein e Nathan Rosen formalizzarono per la prima volta l’entità di wormhole nel 1935, ma questa prima soluzione venne presto dichiarata impossibile da realizzare. Infatti, nel 1962, due fisici americani arrivarono alla conclusione che un tale wormhole sarebbe crollato istantaneamente, non permettendo nemmeno alla luce, nonostante la sua velocità, di passarvici.
Nel 1988, Kip Thorne, insieme con il suo studente ormai laureato Mike Morris, comprese che, per mantenere stabile un’entità del genere, sarebbe stata necessaria una grande quantità di energia o materia negativa. Ciò non nega in ogni caso la possibilità della loro esistenza. È bene ricordare che anche i buchi neri sono rimasti un’ipotesi per molti anni, ma, alla fine, si sono rivelati reali e sono stati persino fotografati nel 2019.

Secondo uno studio del dipartimento di Fisica della Sapienza e dell’INFN (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare), che hanno collaborato con una collega del Niels Bohr Institute danese, è possibile che i buchi neri, alla fine della loro vita, si trasformino in wormhole. Un’altra teoria ipotizza che potremmo aver confuso alcuni wormhole con dei buchi neri. Lo stesso Sagittarius A*, il buco nero supermassiccio che si trova al centro della Via Lattea, potrebbe esserlo.
Se questa teoria si rivelasse corretta, la nostra galassia potrebbe davvero ospitare un tunnel spaziotemporale.

Negli ultimi anni, molti ricercatori in tutto il mondo hanno provato a ricreare wormhole in laboratorio attraverso computer quantistici, speciali macchine che sfruttano fenomeni della Fisica e della Meccanica quantistica per ottenere una potenza di elaborazione che supera i migliori supercomputer attuali. Sfortunatamente, nessuno è mai arrivato ai risultati sperati.

Dobbiamo poi considerare che la creazione (o scoperta) di veri cunicoli spaziotemporali potrebbe creare paradossi spazio-temporali. Se il teletrasporto ci sembra qualcosa di sbalorditivo, un viaggio nel tempo lo sarebbe ancora di più: immaginiamo, ad esempio, di viaggiare nel passato, incontrare un nostro genitore da giovane e, lasciando da parte l’etica visto che si tratta di un semplice esempio, ucciderlo. Questo renderebbe impossibile la nostra nascita, ma noi saremmo effettivamente vivi.
Questi oggetti così misteriosi ed affascinanti potrebbero quindi causare notevoli problemi a causa della violazione del principio di causalità, ma, allo stesso tempo, introdurrebbero moltissime novità su come funziona l’Universo e sulla nostra percezione di questo.

Ad oggi, dunque, l’esistenza di cunicoli spaziotemporali rimane fantascienza, ma non è da escludere; e quando alziamo il naso al cielo per osservare le stelle, ricordiamoci che potremmo anche gli occhi proprio verso un wormhole, senza, però, esserne a conoscenza.

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