Pro e contro di una riforma “FORSE” necessaria.
di Serena Scalari
Negli ultimi anni, l’Italia ha visto un netto aumento della carenza di medici in quasi tutte le regioni, con conseguenze gravi per il Sistema Sanitario Nazionale (SSN) e per la salute dei cittadini.
Con il personale sanitario sottodimensionato e un sistema che fatica a gestire il crescente fabbisogno sanitario della popolazione, anche a causa dei tagli al budget della sanità e la mancanza di investimenti, risulta evidente quanto sia necessario formare più medici e specialisti.
L’abolizione del test di ingresso a medicina potrebbe rappresentare una svolta necessaria.
Ma perché questa soluzione è considerata un passo importante? Quali sono le criticità? E quali benefici potrebbe portare alla sanità e ai futuri medici?
Le cause della carenza del personale sanitario sono molteplici, ma acquista sempre più rilevanza in questa discussione il rapporto tra laureati e la crescente domanda di assistenza sanitaria. Di conseguenza, è cruciale considerare come il numero chiuso influisca su questa dinamica.
Attualmente il numero chiuso per l’ingresso alla facoltà di medicina è regolato dal ministero dell’istruzione (MIM), in collaborazione con il ministero della salute. Questo sistema selettivo è nato con l’intento di mantenere un numero di studenti che le strutture didattiche possano gestire efficacemente e per garantire che i futuri laureati abbiano prospettive di collocamento, assicurando un bilanciamento tra laureati e posti di lavoro.
Tuttavia, negli ultimi decenni, il numero di medici che si laureano è diminuito proprio per via di queste restrizioni, portando ad un conseguente calo del personale medico disponibile che rende di conseguenza difficoltoso soddisfare la domanda sanitaria del paese.
Questo sistema limita anche le possibilità di accesso per coloro che vorrebbero lavorare nel settore privato, poiché la selezione in ingresso non considera le diverse destinazioni professionali, contribuendo a creare una situazione in cui giovani medici, dopo aver affrontato un percorso di studi lungo e costoso, trovano difficoltà ad inserirsi all’interno del sistema pubblico e si vedono costretti a cercare opportunità all’estero. Questo alimenta il fenomeno del “brain drain”, meglio conosciuto come “fuga di cervelli”, realtà sempre più evidente nel nostro paese ed una delle cause della carenza del personale.
Per arginare queste criticità, arriva la proposta del governo e del MIM che mira ad essere introdotta già dall’a.s. 2025-2026. Questa riforma ha l’obiettivo di garantire un accesso più equo alla facoltà di Medicina e Chirurgia, basando la selezione sulle competenze acquisite. Inoltre, sembra che questa riforma possa essere estesa anche alle facoltà di Odontoiatria, Protesi Dentaria e Medicina Veterinaria.
Ma come si può ottenere una selezione imparziale?
L’idea è quella di eliminare il test di ingresso, creando un primo semestre ad accesso libero o “semestre-filtro” con esami caratterizzanti.
Innanzitutto questi esami portano a comprendere se si ha un reale interesse nella prosecuzione degli studi di medicina e permettono inoltre di valutare le conoscenze di base e le competenze degli studenti. I risultati saranno poi utilizzati per stilare una graduatoria nazionale per assicurarsi che solo gli studenti più preparati possano proseguire gli studi.
Questa proposta di legge ha però suscitato numerose critiche e perplessità.
Per quanto riguarda la graduatoria, il problema principale è che ci possano essere discrepanze tra i metodi di valutazione nei vari atenei, creando possibili contestazioni e disparità tra gli studenti.
Parlando invece di risorse, la CRUI (Conferenza dei Rettori delle Università Italiane), ha espresso preoccupazioni riguardo la disponibilità di risorse docenti e infrastrutturali per gestire l’aumento di studenti. Aprendo le porte a tutti nel primo semestre, si rischia un sovraffollamento nelle aule che potrebbe pregiudicare l’efficacia delle lezioni.
Rimane un punto di domanda se si riuscirà ad implementare questo nuovo sistema entro l’anno scolastico definito in precedenza.
La riforma è ancora in fase di sviluppo, ma se dovesse essere approvata comporterebbe un aumento degli iscritti e bisognerebbe fare i conti con un altro fattore: considerando il percorso di studi medici che ha una durata di circa un decennio, gli effetti di questa proposta sarebbero osservabili solo tra diversi anni.
Secondo uno studio Anaao Assomed, su dati Ocse, Onaosi ed Enpam, tra meno di 10 anni i futuri professionisti che oggi sono sempre più ricercati, potrebbero trovarsi nel cosiddetto “imbuto lavorativo” dovuto all’eccesso di questi ultimi.
È quindi necessario intervenire immediatamente sul presente per rimediare all’attuale crisi.
Possiamo dire che quindi la proposta di legge mira a posticipare la selezione, offrendo agli studenti l’opportunità di dimostrare le proprie capacità durante un primo periodo di frequentazione dei corsi. Importante rimane continuare ad esercitare un controllo, garantendo così un rapporto equilibrato tra posti di lavoro e neolaureati, ma soprattutto un futuro personale medico qualificato e preparato.
La riforma rappresenta un’opportunità significativa, ma richiede uno sviluppo attento e ponderato, basato sulla considerazione delle risorse necessarie e delle eventuali criticità.
Rimane quindi da chiedersi: oltre all’abolizione del test di ingresso, in futuro assisteremo anche al superamento del numero chiuso? Ma innanzitutto questa proposta verrà approvata?
Seguiremo insieme gli sviluppi e le prossime notizie.