Siamo tutti intelligenti, solo non allo stesso modo.
di Martina Bonali
La maggior parte di noi è convinta che esistano solo due tipi di intelligenza, quella matematica e quella umanistico-linguistica. In realtà, il quadro è molto più complesso di così.
Queste due accezioni sono, a ben vedere, quelle che vengono testate nelle scuole, dove le materie si dividono appunto in “scientifiche” e “umanistiche”.
Fino agli Anni ‘80, la comunità scientifica è rimasta ferma nella convinzione che l’unico tipo di intelligenza sia quello attestato dal calcolo del quoziente intellettivo. Quest’idea, estremamente limitante, è ancora oggi molto diffusa. Tuttavia, se per autovalutarsi ci si basa solo su questi parametri – o ci si riferisce, per esempio, al rendimento scolastico – si incorre nel rischio di ritenersi inadeguati o meno intelligenti di quello che si è realmente.
Nel 1983, Howard Gardner, psicologo e neuroscienziato statunitense, ha pubblicato il libro Frames of Mind: The Theory of Multiple Intelligences, rivoluzionando il concetto di intelligenza con la teoria delle intelligenze multiple: con questa definizione, egli ha inteso un insieme di capacità cognitive indipendenti e non una singola entità fissa. Il QI, infatti, può misurare le capacità matematiche o quelle linguistiche, ma non riesce a spiegare il talento musicale, relazionale o sportivo.
Ognuno di noi possiede, quindi, livelli diversi di intelligenze, ciascuna delle quali ha caratteristiche proprie.
Quindi, quanti tipi di intelligenza esistono?
Una ricerca iniziale ha portato Gardner a scoprirne sette tipologie:
Quella logico-matematica (propria di scienziati, ingegneri e tecnologi), che si basa sulla capacità di condurre e ricordare ragionamenti molto lunghi, non in virtù di una grande memoria, ma, piuttosto, per l’abilità di comprendere i meccanismi di causa ed effetto. Chi presenta questo tipo di intelligenza, inoltre, è in grado di valutare e confrontare idee concrete ed astratte e di utilizzare i numeri per risolvere problemi complessi.
Quella linguistico-verbale (riconducibile a poeti, scrittori, linguisti, oratori), che si riferisce all’abilità di utilizzare il linguaggio, sia scritto che parlato, e di comprendere i significati che si celano al di là delle parole. Chi la possiede è in grado di variare il proprio registro linguistico in base alla situazione e tende a riflettere sul senso del linguaggio.
Quella musicale (appartenente a compositori, musicisti e cantanti), che consiste nella capacità di pensare e comporre con e sulla musica, riconoscendo il tono, il ritmo e il timbro di melodie e suoni.
Quella visuo-spaziale (di scultori, pittori, architetti, ingegneri, chirurghi ed esploratori), descrivibile come la capacità di memorizzare i dettagli di un ambiente e di sapersi orientare, sfruttando la visualizzazione mentale.
Quella corporeo-cinestetica (propria di ballerini, coreografi, sportivi, artigiani), che permette un buon coordinamento del corpo, nonché la capacità di sfruttarlo per risolvere problemi.
Quella interpersonale (appartenente a politici, leader, psicologi, avvocati, venditori, comunicatori), che indica la predisposizione alla comprensione delle proprie emozioni e di quelle degli altri e permette a chi la possiede di stabilire facilmente relazioni, di adattarsi nei giochi di gruppo e, inoltre, di risolvere eventuali conflitti.
Quella intrapersonale, che si riferisce all’abilità di riconoscere i propri sentimenti e i propri pensieri mostrando maturità, disciplina e controllo di sé. Chi possiede questa intelligenza, infatti, sviluppa la capacità di analizzare con obiettività la propria persona, le proprie necessità, i propri punti di forza e di debolezza.
Negli anni successivi, Gardner ha introdotto due nuovi tipi di intelligenza: quella naturalistica, che consiste nel saper individuare e classificare oggetti naturali, cogliendo le relazioni fra di essi, e quella esistenziale o spirituale: tuttavia, quest’ultima, che rappresenta la capacità di riflettere su temi astratti come, ad esempio, il senso dell’esistenza, non è stata universalmente accettata dalla comunità scientifica.
In conclusione, per poter analizzare al meglio l’intelligenza di qualcuno, il test del quoziente intellettivo non è più sufficiente né, tantomeno, si deve utilizzare come parametro il semplice rendimento scolastico: per giungere a conclusioni verosimili è necessario, invece, fare riferimento a tutte queste tipologie di abilità mentali.