Gli Aborigeni, ovvero gli indigeni australiani, sono una delle tante minoranze nel mondo che manca di diritti e di un riconoscimento di fronte alla legge. Per dare loro la possibilità di essere riconosciuti e rappresentati, è stato indetto un referendum. Vediamo la risposta dei cittadini.

di Janiss Zanoni

Voice è il nome della proposta che aveva l’obiettivo di introdurre un organo consultivo per gli aborigeni e gli abitanti dello stretto di Torres, così da dare a questa comunità più voce ai problemi che la riguardano direttamente, riconoscendone cultura e dignità. Quest’organo avrebbe rappresentato in maniera imparziale gli indigeni di fronte al parlamento e al governo e sarebbe stato formato da persone scelte dai diretti interessati. 

La loro è una delle popolazioni più antiche al mondo, che abita l’isola da oltre 60 mila anni, distrutta poi dai coloni britannici, sbarcati qui per la prima volta meno di 300 anni fa. Il fenomeno della colonizzazione è stato la causa della netta separazione e delle profonde differenze tra bianchi e indigeni. Questa comunità ancora oggi non vive nelle migliori condizioni e ha una media di vita di 9 anni inferiore rispetto a quella della popolazione bianca. Le probabilità di finire in prigione e di essere poveri è alta, così come è alto il tasso di suicidi e di diffusione delle malattie, in grande contrapposizione al bassissimo indice di istruzione. Per questo sarebbe stato importante sostenere queste persone e riconoscere loro il diritto a una vita, se non agiata, quantomeno dignitosa.

Nonostante siano numerose ed evidenti le difficoltà che gli Aborigeni devono ancor oggi affrontare, il referendum proposto ha visto vincere il no, com’era già stato previsto da numerosi sondaggi. Si stimava che almeno un 60% degli Australiani fosse contrario alla riforma: alcuni erano convinti avrebbe aumentato il razzismo, altri che avrebbe privilegiato gli indigeni. Alcuni consideravano tale operazione inutile perché in realtà servirebbero politiche più efficaci e più inclusive. Altri sostenevano che la vittoria del sì avrebbe favorito un sistema di Apartheid a discapito della popolazione bianca; questo pensiero si è diffuso soprattutto sui social attraverso molte fake news.

Il no ha vinto, perché la popolazione bianca teme il cambiamento e non si fida degli attuali organi politici; un ulteriore organo nel governo federale preoccupava.

Il referendum avrebbe dovuto rappresentare un’unione simbolica tra la popolazione bianca e quella aborigena. Il leader dell’opposizione Peter Dutton sottolinea quanto sia importante che il popolo rimanga unito, nonostante il risultato del referendum ma l’attivista e accademica aborigena Marcia Langton ha dichiarato: “La riconciliazione è morta”. L’esito del referendum fa capire come la storia abbia ancora ripercussioni sulla società odierna, ancora connotata da profonde diversità in materia dei più basilari diritti umani. È importante continuare a battersi, affinché un giorno si giunga ad un’idea di popolazione unita, capace di far convivere diverse origini, culture e tradizioni e offrendo a tutti le medesime opportunità.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *