Vi è mai capitato di provare una sensazione di disagio o di paura osservando una bambola abbastanza realistica? Oppure un robot con sembianze umane? È la uncanny valley.
di Martina Bonali
La “zona perturbante”, detta anche “valle misteriosa” o, in inglese, “uncanny valley” è quella sensazione di disagio, disgusto o paura che proviamo quando ci troviamo di fronte a qualcosa di inanimato che ha tratti umanoidi. Se osserviamo, per esempio, un robot che è quasi umano al 100%, ma per qualche caratteristica non lo è completamente, la risposta emotiva passa dall’empatia alla repulsione. Il legame tra la somiglianza di qualcosa all’uomo e il livello di affinità che un essere umano vero instaura tra sé stesso e il soggetto davanti a lui è rappresentata da questo grafico, che riporta sull’asse X la somiglianza con l’uomo e sull’asse Y l’affinità provata nei suoi confronti:
Il termine “uncanny valley” è stato coniato da Masahiro Mori, un ingegnere giapponese studioso di robotica, particolarmente interessato alla reazione emotiva dell’uomo verso figure non umane.
Le sue conclusioni hanno portato alla diffusione dell’idea che i fabbricanti di robot non dovrebbero creare automi eccessivamente realistici, non solo nell’aspetto, ma anche nel movimento. Questo per non suscitare inquietudine in chi deve usufruirne.
Questa regola, però, non vale solamente per i robot: viene applicata anche nei videogiochi e nella televisione. In certi casi, come nei cartoni per bambini, oppure, in generale, nelle situazioni in cui si vuole creare empatia nello spettatore, è bene prestare molta attenzione a non far ricadere l’aspetto dei personaggi proprio nella fascia dell’uncanny valley. Un esempio noto di cartone animato che molti hanno ritenuto disturbante a causa dei suoi protagonisti è “Polar Express” (2004), la cui produzione ha previsto l’utilizzo di una tecnica di motion capture finalizzata a creare personaggi digitali che assomigliassero agli attori reali. Questa modalità si è rivelata spesso causa di uncanny valley in film animati, soprattutto se non utilizzato perfettamente.
L’effetto di inquietudine è, d’altro canto, ricercato in pellicole e videogiochi horror: è stato utilizzato più volte in “The Conjuring” (2013) sia per la bambola di Annabelle che per l’inquietante suora.
Quali sono le cause che portano a questa reazione? Ne sono state individuate due principali: da una parte, si innesca nel nostro cervello un senso di inganno, seguito dalla paura di essere di fronte a qualcosa di sconosciuto, che finge di essere umano e che può, quindi, rivelare cattive intenzioni nei nostri confronti. Dall’altra, vedere dei lineamenti che ci sembrano “sbagliati” nel soggetto che abbiamo di fronte, ci fa inconsciamente pensare che questo possa avere potenziali malattie.
In entrambi i casi, la mente, attraverso il senso di disgusto e disagio, cerca di mettere in guardia dei pericoli che l’umanoide può rappresentare.
L’uncanny valley non si manifesta in ugual modo per tutti. Infatti, ognuno di noi ha una sensibilità diversa e reagirà in modo peculiare davanti agli inquietanti umanoidi. Per alcuni l’effetto di disagio sarà molto più spiccato, mentre altri potrebbero addirittura non provarlo affatto e non sentirsi minacciati.
E tu hai mai provato l’effetto dell’uncanny valley?