testo e poesia anonimi

Durante il corso della mia vita ho sempre visto fiori in casa, una presenza effimera ma inevitabile. Quando ero piccola lei si prendeva cura dei fiori, li annaffiava e ci conversava amorevolmente dimenticandosi di preparare i pasti per la creatura effettivamente viva. I fiori per lei hanno hanno sempre avuto un fascino magico e misterioso, però per tutti loro la fine è stata sempre la stessa: sono morti. Tutto ciò che viene sfiorato dalla sua mano fatale è segnato dal destino.

Si tratta di una bellezza unica e fuggente, i teneri gambi vengono strappati barbaricamente condannando il fiore alla morte certa. L’uomo li guarda e gioisce, non ha pietà.
Così mia madre, sempre circondata dai fiori e dalla morte gode del dolce profumo del massacro e alimenta di bellezza la propria vista e di mostruosità la propria casa.
Gli uomini cambiano, mia madre invecchia e i fiori sono sempre presenti. Perché ci aggrappiamo tanto alla vita se siamo circondati dall’efferatezza?
Sento sempre il denso e dolce profumo penetrare il mio corpo e coprirmi come un panno bagnato, esala l’ultimo respiro della vita, anch’essa inorridita per le atrocità umane.

E non mi resta che il bagliore

delle stelle nel cielo,

tanto bello e tanto distante,

irraggiungibile, indifferente

a ciò che scompare nell’infinito abisso.

Esse splendono sempre più chiare,

forse ridendo per l’uomo

tanto patetico

che spera di trovare qualcosa

nell’infinita distesa dell’inanimato.

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