di Francesca Necula e Giada Tinè

Eccoci qui riuniti, popolo del Lato Oscuro, ancora una volta nel nostro salottino culturale.

Sappiamo bene che la vostra voglia di scappare da scuola e andare al mare in questo periodo si fa sempre più irrefrenabile; dopo tutto, è comprensibile che in queste calde giornate si desideri solo lasciare la città per partire per una bella crociera. Anche il protagonista del racconto di oggi si è lasciato alle spalle i suoi doveri e le sue responsabilità per godersi le sue meritate vacanze. L’eroe epico di cui stiamo parlando è Ulisse, un altro pilastro del patrimonio classico concepito dall’inebriata mente di Omero.

Le fantastiche peripezie di Ulisse vengono tutte raccontate nell’Odissea, un breve e leggero libretto ottimo da leggere sotto l’ombrellone. Il poema si apre con una riunione degli dei greci, che devono decidere la sorte dell’unico Acheo che non è ancora tornato in patria dopo la guerra di Troia.

Gli dei discutono a lungo su cosa fare di quest’eroe -le opzioni sono molteplici-, ma alla fine scelgono una tra le ipotesi più improbabili: quella di farlo tornare a casa. Che colpo di scena, questo passo dell’Odissea! 

Gli dei si affrettano quindi ad avvisare il figlio Telemaco che presto suo padre tornerà finalmente a casa dopo dieci lunghi anni. Il giovane, elettrizzato dalla novella, si appresta a cacciare dal palazzo i pretendenti di sua madre, i Proci, ma essi però non vogliono proprio sentirne: Penelope ha infatti promesso di sposare uno di loro una volta terminata la tela che sta tessendo.

La donna in effetti è così presa dalla promessa fatta ai Proci che, ahimè, è proprio una disgrazia per lei vedere la sua tela disfarsi continuamente! Non riesce proprio a capire quale sia il problema, data la sua bravura nella tessitura: è come se qualcuno la sciogliesse ogni notte, che stranezza! 

Nel frattempo, Ulisse ha iniziato il suo mirabolante viaggio su una robustissima zattera che naufraga miseramente dopo qualche ora. Fortunatamente per lui, le temperature da record registrate questi giorni gli hanno proprio fatto venire voglia di farsi una bella nuotata, e dopo qualche bracciata mette finalmente piede sull’Isola dei Feaci.

Qui viene invitato al palazzo reale dalla figlia del sovrano, Nausicaa, ma Ulisse non ne vuole proprio sapere di rivelare la sua identità e si rifiuta di dare qualsiasi informazione per mantenere la propria privacy. Si sa mai, di questi tempi…

Ma ciò non dura poi così a lungo: l’impassibile eroe scoppia improvvisamente in lacrime sentendo il cantore di palazzo nominare il cavallo di Troia, che gli fa tornare in mente i ricordi di guerra. I commensali si guardano sbigottiti, mentre l’ospite si asciuga il volto impregnato di lacrime con la mano, mormorando fra sé e sé frasi incomprensibili. Nessuno ha ancora toccato cibo, e attorno al tavolo si diffonde un’atmosfera di confusione.

Gli invitati cominciano a pensare che Ulisse si trovi in preda a un attacco di disperazione dovuto alla sua incapacità di tagliare la carne da solo. Uno di loro lo fissa attentamente e, dopo qualche minuto, si alza dal suo posto presentandosi al suo cospetto con in mano un coltello affilato e un’espressione minacciosa.

Punta direttamente l’arma ai suoi occhi, e Ulisse lo guarda intimorito. Pensa di essere vittima di una congiura, e il suo animo da eroe lo spinge a intervenire. Si alza in piedi battendo i pugni sulla tovaglia a fiori e rivela la sua vera identità.

“Io sono Ulisse, figlio di Laerte! Sono colui che è riuscito a sconfiggere i troiani grazie alla sua astuzia! Non riuscirete a sconfiggermi con una posata da cucina!”

I commensali sono del tutto esterrefatti dalla scena, quando il giovane, avendo riposto con cura sul tavolo il suo coltello, risponde all’eroe con molta calma.

“Volevo solo aiutarti a tagliare la bistecca”.

Ulisse, imbarazzato, si accomoda di nuovo sulla sua sedia dell’Ikea e, di fronte a tutti i presenti, porge le sue scuse. Commosso dal nobile gesto dell’ospite, ricomincia a piagnucolare e -come se importasse a qualcuno- inizia a raccontare le avventure vissute durante la guerra di Troia in segno di devozione.

Mentre gli ospiti della cena consumano le loro bistecche, Ulisse narra le sue folli esperienze di viaggio. Durante il suo racconto nomina una sfilza di creature fantastiche come sirene, giganti e mostri mangia-loto, che, secondo le sue parole, avrebbe sconfitto con il proprio ingegno. L’intera cena ha decisamente preso una piega surreale, tanto che i commensali cominciano a preoccuparsi della salute mentale di Ulisse. L’eroe, infatti, preso dall’euforia sorseggia incessantemente del vino direttamente dalla caraffa posta al centro del tavolo, tanto che la sera stessa Ulisse si addormenta ubriaco sul pavimento della cucina del palazzo reale.

I Feaci, approfittando dell’occasione, organizzano una dolce sorpresa per l’eroe.

Un esercito intero viene mobilitato per sollevare il corpo di Ulisse che, addormentato profondamente e colto dai postumi della sera prima, non si accorge di essere portato via dall’Isola. Solo alle prime luci dell’alba l’eroe si sveglia e, ritrovandosi su una spiaggia sabbiosa circondato da un intero esercito di nemici, si alza adirato e comincia a urlare: “Non mi avrete mai! Io sono Ulisse, colui che ha sconfitto i Troiani! Non mi eliminerete sotterrandomi nella sabbia!”

Ancora una volta il giovane della sera prima si fa spazio tra i presenti e si avvicina all’eroe. Con molta calma, risponde alle sue accuse. 

“Ti abbiamo portato a casa, piccolino”.

Ulisse, proprio come la sera prima, si commuove, e abbraccia tutti i gentili Feaci che lo hanno riportato a Itaca, dopo dieci anni di viaggio.

A questo punto, l’eroe fa per tornare a casa, e la dea Atena viene in suo soccorso regalandogli un costume degno persino del contest carnevalesco a cui ha partecipato dieci anni prima, se solo questo non fosse stato vinto da Patroclo.

Vestito da mendicante, i Proci che minacciavano di rubargli la moglie non lo riconoscono e gli permettono di entrare nella città. Il primo ad accorgersi della sua vera identità è il suo cane Argo, che, contento per il ritorno del padrone, muore sul colpo (quando si dice “essere felici da morire”!).

A questo punto i Proci vengono sterminati da Ulisse che, nel frattempo, è stato riconosciuto anche dal figlio Telemaco. Solo Penelope è ancora dubbiosa sull’identità dell’uomo, e riesce a riconoscerlo solo quando il marito le racconta come ha costruito il loro letto nuziale. Altro che letti dell’Ikea, quello era un pezzo unico!

Anche il padre Laerte, alla fine, riconosce il figlio, e lo porta alla sua reggia. 

L’Odissea si conclude con la dea Atena che ristabilisce la pace nel regno di Itaca: Ulisse può finalmente tornare alla sua vita normale, ma non senza rimpiangere la sua lunga vacanza nel Mediterraneo. Sarà riuscito Ulisse ad imparare a tagliare la bistecca da solo? Chissà! Ciò che sappiamo con certezza è che il nostro eroe avrebbe di gran lunga preferito continuare le sue avventure per l’Egeo piuttosto che tornare alla monotona vita mondana: d’altronde, chi non lo farebbe?

Anche noi scrittrici abbiamo proprio bisogno di una vacanza, motivo per cui ci ritireremo in eremitaggio per trovare nuovi entusiasmanti contenuti culturali di cui nessuno ha veramente bisogno. Questo non è un addio, ma solo un arrivederci. A presto, popolo del Lato Oscuro, e buone vacanze!

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