Simone Ceriotti ha reso possibile una collaborazione preziosissima che ha permesso al nostro Blog di crescere e confrontarsi con una delle testate online più lette d’Italia.

di Iulia Marasescu

Ormai da tre anni il MyFermi collabora regolarmente con ilfattoquotidiano.it, e dopo incontri di confronto, consigli e scambi di idee, una visita alla sede della loro redazione a Milano ed anche qualche contributo da parte nostra al loro sito, abbiamo finalmente intervistato colui che ha reso possibile tutto ciò: il vicedirettore del FQ Simone Ceriotti, che ringraziamo caldamente per la sua disponibilità ed il suo entusiasmo.

Ecco che cosa ci ha raccontato.

Come si diventa vicedirettore di uno dei quotidiani online più letti d’Italia? Puoi raccontarci com’è stata la tua carriera?

Innanzitutto, lavorando tanto. Ho iniziato il mio percorso come giornalista in un quotidiano locale, per il quale ti occupi di tutto, è un micromondo. Naturalmente hai contatti in carne ed ossa, quindi impari a rapportarti. Poi sono entrato nella scuola di giornalismo alla Cattolica di Milano, dove ho avuto un sacco di occasioni, perché ho svolto degli stage in posti in cui altrimenti non sarei arrivato. Io li ho fatti presso la sede del quotidiano La Repubblica, a Roma, dove ho conosciuto dei grandissimi professionisti e ho cercato di imparare da loro, facendo tesoro della loro esperienza. In quell’occasione ho vissuto l’esperienza dell’online, ma poi ho fatto la radio, la televisione, di nuovo giornali locali e ho scritto un po’ sui nazionali. Quando è nato il Fatto Quotidiano, sono stato chiamato dal direttore e abbiamo costruito la redazione insieme. Questo è il mio percorso. Naturalmente serve anche avere il senso della notizia, l’amore per essa e il modo giusto di raccontarla.

Qual è il compito di un giornalista nella società di oggi, costituita da un accesso immeditato alle informazioni sui social? Quali sono le sue responsabilità?

La prima cosa è l’onestà intellettuale. Poi c’è “verità”, che è una parola scomoda, nel senso che ognuno ha la sua. C’è anche la capacità di saper ragionare su causa effetto. Il compito di un giornalista è quello di pubblicare tutte le notizie di cui viene a conoscenza. Prima di pubblicare non si ragiona su chi ne trarrà un potenziale vantaggio o chi ne sarà svantaggiato: se si ha una notizia, anche scomoda, la si pubblichi lo stesso. In un mondo così veloce e liquido è molto importante anche gerarchizzare le informazioni, quindi selezionarle. Il nostro sito è potenzialmente infinito, quindi è organizzato, mentre se tu accedi in maniera casuale a determinate pagine sui social, che possono spesso essere parziali, rischi di non vedere la realtà e le priorità nel loro insieme.

Al giorno d’oggi tantissime persone preferiscono cercare le notizie online o si informano soprattutto tramite i social network, che sono pieni di fake news. Come fare ad arginare questo fenomeno negativo?

Anche i giornali e i siti di informazione possono essere pieni di fake news. Dipende da come uno sceglie i canali di informazione sui social media per farsi un’opinione: se uno sa scegliere, tramite i social può creare un quadro che può essere pure migliore di una testata. I social media, se usati e scelti bene, sono un mezzo che va assolutamente esplorato anche dalle testate. E non c’è nulla di male nell’informarsi sui social, purché lo si faccia con un po’ di attenzione: l’argine alle fake news lo fanno la cultura e la logica. Non è il nome di una testata che ti dà la garanzia. Anche le testate giornalistiche cercano di veicolare i propri contenuti sui social media, è uno stimolo a cercare anche nuovi modi di fare informazione: mai avrei pensato fino a qualche anno fa di chiedere ai giornalisti di creare dei reel.

È anche vero che sui social è più facile che chiunque possa dire qualsiasi cosa.

Questo è vero, però su un giornale cartaceo puoi finire comunque in una fake news che è stata orchestrata. In tutti i casi bisogna cercare un riscontro a ciò cose che si legge, prima di diffonderlo.

Esiste il giornalismo libero? Esiste l’informazione oggettiva e critica?

Giornalismo libero non è sinonimo di informazione oggettiva. Giornalismo libero significa senza padroni e senza condizionamenti: noi proviamo a farlo: siamo una testata che non dipende da editori che hanno interessi imprenditoriali ma che è stata fondata da una comunità di giornalisti che fa dell’onestà uno dei princìpi fondanti. L’imparzialità è sicuramente un elemento importante e l’informazione oggettiva è un obiettivo, però non bisogna vergognarsi del proprio punto di vista, perché è la propria visione del mondo. Se con informazione oggettiva si intende imparziale e libera sì, esiste; noi proviamo a fare un giornalismo libero.

Molti giovani non sembrano interessarsi a ciò che succede nel mondo. Viviamo in una società liquida, in cui la precarietà e l’incertezza del futuro scoraggiano i ragazzi ad impegnarsi come cittadini prima di tutto informandosi. Come fare a raggiungere questa parte importante di potenziali lettori? Voi ci riuscite?

In termini assoluti non lo possiamo sapere. Noi proviamo ad avere un’agenda diversa rispetto a un coro di testate che hanno sempre la stessa priorità, cerchiamo di essere il controcanto per una visione diversa, intercettando così qualcuno che magari è stanco dello stesso tipo di informazione. Dopodiché non credo che tutto il disinteresse all’informazione sia arginabile con questo, sicuramente c’è anche un tema culturale più ampio.

Negli ultimi tempi, soprattutto dopo gli anni bui del covid, esprimere un’opinione significa spesso essere immediatamente criticati e giudicati come estremisti e nemici del bene pubblico. Si è perso il valore del dissenso costruttivo. Che ne pensi?

Etichettare è il modo migliore per screditare. Ad esempio, se dici che ci sono delle ragioni storiche che hanno portato la Russia ad invadere l’Ucraina, vieni etichettato come “putiniano”: ma tu non hai detto “hanno ragione loro, forza Russia”, hai detto una cosa completamente diversa. Però putiniano fa effetto, perché ti scredita subito, ti classifica come qualcuno che “sta dall’altra parte”. Questo comportamento è tipico della società contemporanea ed è alimentato dalla politica. Il potere che ci governa oggi, dal mio punto di vista, vive di queste etichette.

Cosa ne pensi dei progetti di giornalismo scolastico, come il nostro blog MyFermi?

Il vostro blog mi è piaciuto subito. Devo dire che la vostra prof Paola Frigeri, che ci tengo a citare e ringraziare, è stata molto “giornalista”, perché ci aveva contattati scrivendo più di una mail alla nostra redazione, che non è proprio infallibile perché qualcosa scappa, aveva insistito. Quando ci siamo sentiti mi ha proposto di guardare il vostro blog e poi di incontrarvi e mi è sembrata una realtà molto organizzata, ho trovato un bel gruppo ed un’idea originale di sviluppo di un blog scolastico. Una realtà come la vostra è abbastanza rara ed è la modalità migliore perché non succeda quel discorso dell’abbandono dell’informazione. Questo vale per voi ma anche per chi vi legge, i vostri compagni. La centralità di un mezzo di informazione all’interno di una scuola è la maniera migliore per mettere quel seme che può germogliare nella vita delle persone. Occuparsene è un modo per interessarsene.

Che consigli daresti ad un giovane che vuole intraprendere la carriera del giornalista?

Di essere tenace e curioso, assieme a tutto quello che ho detto sopra, ossia coltivare l’onestà, riconoscere l’importanza della notizia, ricercare la verità e farsi una cultura ampia.

Un ringraziamento speciale dalla Redazione del MyFermi a Simone Ceriotti ea ilfattoqutotidiano.it per tutto ciò hanno fatto per noi!!!

Clicca qui per leggere gli articoli di MyFermi per il Fatto!

Di Iulia Marasescu

Organizzata nella mia disorganizzazione

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Scopri di più da

Abbonati ora per continuare a leggere e avere accesso all'archivio completo.

Continua a leggere