Arthur Dahl insieme all’interprete Antonella

Incontro con un esperto che ha più di 50 anni di esperienza in campo ambientale per discutere di un futuro sostenibile collaborando con le istituzioni.

di Gianmaria Rigoni

Sabato 30 novembre, al cinema Carbone nel centro storico di Mantova, si è tenuto un incontro, moderato da Enrico Tezza funzionario deIl’International Labour Organization (ILO) di Torino, che ha visto come protagonista Arthur Dahl, Presidente dell’International Environment Forum, con una vasta cultura ed esperienza sui temi legati all’ambiente e alla sostenibilità. Arthur Dahl è stato anche Vicepresidente esecutivo aggiunto del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP). Nel corso della sua carriera ha partecipato a numerose conferenze delle Nazioni Unite a partire dal 1972 e ha scritto più di trecento libri. Inoltre, un ringraziamento speciale va alla fondazione Keyvan – The Alliance, che in collaborazione con Colibrì, Attivanza, Mantova per la pace, Osservatorio per l’Europa del Mediterraneo e Istrid, ha reso possibile questo appuntamento.

Le parole chiave di questo evento sono state sviluppo e sostenibilità, due temi che tra loro sembrano incompatibili ma che hanno posto le basi per una riflessione complessa e articolata. Partendo dagli effetti distruttivi che il colonialismo ha avuto sull’ambiente e sull’identità culturale delle piccole isole del Pacifico e dei suoi abitanti, si è subito messo in evidenza come la stretta correlazione tra l’ambiente e lo sviluppo mondiale influenzi la società moderna.

Sin dalla loro costituzione, le Nazioni Unite hanno dovuto fare i conti con il veto degli Stati più ricchi che hanno impedito di cambiare lo statuto verso tematiche ambientali. Da qui deriva l’innata esigenza di avere un’organizzazione che regoli le norme dei singoli paesi per minimizzare il mancato sviluppo e la degradazione ambientale, di cui il ceto povero della popolazione risente altamente, dato anche il continuo aumento del divario tra ricchi e poveri. Tuttavia, i progressi che fino ad ora erano stati raggiunti, stanno svanendo: gli odierni governi tendono a considerarsi autonomi e indipendenti, ambendo a principi di stampo nazionalista e protezionista e facendo leva su metodi di propaganda populisti. Gli Stati stringono patti che non vengono rispettati e fanno ricadere le proprie responsabilità su altri. E in questo caos si aggiunge una specie di “anarchia” economica globale. L’unico obiettivo delle multinazionali e delle grandi aziende che guidano il mercato è il continuo arricchimento. Stiamo parlando di “avidità istituzionalizzata”, basata sull’imperativo della crescita e dello sviluppo. Di fronte a tutto ciò le Nazioni Unite si ritrovano impotenti.

Insomma, la situazione sembra essere delle peggiori, ma c’è ancora speranza. Serve un profondo rinnovamento delle istituzioni a tutti i livelli. Vanno ideati nuovi indicatori che prendano in considerazione anche il benessere sociale e salutare delle persone. Bisogna focalizzarsi sull’obiettivo comune di tutti gli uomini collaborando gli uni con gli altri, sottoponendosi a una responsabilità reciproca. Occorre mettersi a servizio del prossimo e limitare il materialismo e il consumismo. Ognuno di noi può fare la differenza cercando di collaborare con la comunità locale per raggiungere obiettivi comuni alla società: dall’accesso alle risorse primarie alla sconfitta della fame e della povertà. La chiave per la riuscita dei progetti locali è la stretta relazione con le piccole aziende del territorio e l’inclusione delle nuove generazioni.

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