Il capolavoro di David Fincher spiegato in 6 immagini, parte 2.
di Michele Sbizzera
IL PROGETTO MAYHEM

“… in Project Mayhem, we have no names”
Col passare del tempo il fight club ottiene sempre più partecipanti e, col raggrupparsi di persone, si sente la necessità di dare uno scopo alla neo-organizzazione rinominata Progetto Mayhem.
Su questi nuovi fattori si fondano le dinamiche delle inquadrature riguardanti il progetto Mayhem dove, nonostante i colori rimangano spesso caldi, vengono presentate delle forme ben definite grazie alla disposizione delle persone. Lo si può vedere nel triangolo qua sopra che presenta il capo al vertice quasi a formare un vero e proprio schema di potere.
Un’ altra scena dove si nota un ordine grezzo nella disposizione degli adepti è la seguente:

In questa immagine in particolare si nota una striscia rosso acceso sopra, che ricorda Tyler col suo tipico giubbotto, da cui pendono le linee nere della vetrata, alla base delle quali sono posti gli uomini del club ricordando come Tyler li comanda come dei burattini in modo coordinato per i suoi scopi.
Questo denota un punto di svolta all’interno della narrazione, dato che mostra come la dottrina di Tyler, incentrata sull’anticonformismo e la rottura delle righe, col tempo non può che trasformarsi in un nuovo ordine e in una nuova società organizzata.
Da qui deriva la grande contraddizione del caos tanto acclamato dal Fight Club che sfuma quando la moltitudine sostituisce l’individualità e l’idea originale di fuga dall’ ordine trova la sua fine quando viene a formarsi un nuovo ordine che, col tempo, ricorda sempre di più quello da cui si è partiti. La destinazione della fuga, quindi, si rivela essere solo un’altra prigione.
-Michele Sbizzera

