Ernst Mach è nato nel 1838 nei pressi di Brno, nell’attuale Repubblica Ceca: è stato professore di Fisica e di Filosofia all’Università di Vienna e a Praga.

Ha effettuato ricerche sul comportamento della luce, sulla velocità supersonica e sull’ Effetto Doppler e, nel frattempo, si è dedicato anche alla filosofia, aderendo all’empiriocriticismo, una corrente di pensiero che coltivava l’ambizione di fondare la vera scienza senza alcun supporto metafisico.

Il suo obiettivo non era proporre un sistema nuovo, ma separare la fisica dalla metafisica e allontanare tutto ciò che è di pertinenza della scienza da una filosofia a suo parere “limitante”.

Mach parte dal presupposto che non sono i corpi a generare le sensazioni nell’individuo cosciente: le “cose” sarebbero frutto di un’operazione della mente, che riunisce il flusso continuo delle singole sensazioni in un oggetto cui, poi, viene imposto un nome. Questo secondo momento è detto percezione. I veri elementi dell’universo sono quindi le sensazioni, quali suoni, colori, pressioni, spazio e tempo.

Questa prospettiva cambia l’essenza stessa dell’Io, che Mach rifiuta di considerare entità dai confini ben definiti, assoluta e sostanziale: seppur involontariamente, si avvicina alle posizioni di Agostino sul tempo soggettivo, ritenendolo come il prodotto di ricordi, sensazioni e percezioni.

Lo scienziato è convinto del fatto che la conoscenza scientifica si basi sulla continua ricerca di modi efficaci di organizzazione delle sensazioni: ogni tentativo di ipotizzare una realtà che ne prescinda è metafisica. Questo spiega anche l’anti-atomismo del pensatore e la sua critica nei confronti del meccanicismo settecentesco: a suo parere, l’idea che la struttura elementare del mondo sia costituita di particelle che si muovono in uno spazio costituisce una forzatura, un modello temporaneo che va necessariamente abbandonato per evitare che diventi un “pregiudizio metafisico”.

Il termine “sensazione”, che Mach utilizza largamente, è ambiguo. Come scrive Carlo Rovelli nel suo libro Helgoland, il filosofo manca di chiarezza ed è, talvolta, impreciso, ma questo non sminuisce la grande influenza che egli ha esercitato sulla scienza odierna: è stato il filosofo di riferimento di Erwin Schrödinger; Werner Heisenberg ha in parte incardinato il proprio contributo sul pensiero dello scienziato ceco: spinto dalla volontà di basarsi solo sui dati osservabili, ha scritto l’articolo che ha aperto la strada alla teoria dei quanti, che ha rivoluzionato la fisica del Novecento. Egli scrive: “L’obiettivo di questo lavoro è gettare le basi per una teoria di meccanica quantistica basata esclusivamente su relazioni tra quantità che siano in linea di principio osservabili”.

Persino Einstein – influenzato egli stesso da Mach – ha dimostrato con la relatività generale che anche le convinzioni più radicate possono essere sbagliate e che l’abbandono delle ovvietà può portare a una comprensione migliore del reale.

Il contributo di Mach, anche quando indiretto, non è per nulla trascurabile: le sue idee hanno dato un indirizzo preciso e quasi irreversibile alla fisica contemporanea, portando gli scienziati a liberarsi di ogni assunzione metafisica e a basarsi solo sull’osservazione.

Di Iulia Marasescu

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