“Errando per le selvagge contrade di questo mondo, arrivai in un certo luogo dove c’era una grotta e lì mi coricai per dormire. E dormendo sognai un sogno.” (John Bunyan)
di Sarah Piva
Forse i sogni sono un ponte tra ciò che siamo e ciò che vorremmo essere, un luogo segreto dove l’anima trova la sua libertà. Preferirei morire piuttosto che continuare a essere ciò che sono.
La mia mente scorre fluida:
non pensa,
non dorme.
Ma in compenso dormo io, ignara di non poterlo fare ancora per molto.
“Non posso continuare così”.
Mi fermo.
Rifletto.
Parlo.
“I volti si confondono”, non so più distinguere la realtà dal sogno.
“Non posso continuare così”.
Mi sono messa a bruciare le pagine di un libro, penso sia stato scritto da un autore austriaco, non ne sono così sicura.
“Scendi da quelle cazzo di nuvole e datti una svegliata”.
Mi fermo a fissare le gocce di pioggia che scorrono sulla finestra e fanno a gara a chi arriva prima; ha vinto quella di sinistra. Strano, avrei tifato quella di destra.
Penso di avere la mia diagnosi: paura ossessiva nel cercare di aprire gli occhi e iniziare ad avere a che fare con il mondo reale, riuscire a trovare un posto in questo mondo di merda e fare finta che tutto stia andando come dovrebbe andare, finire gli studi e chissà, magari trovarsi anche un lavoro in cui il tuo capo è di genere maschile e dover stare solo zitta nel momento in cui ti tratteranno di merda perché tanto tu, tu, sei soltanto una donna.
Forse è proprio questo il motivo per cui preferisco i sogni, non avere a che fare con nessuno, poter essere ciò che voglio senza sentirmi sbagliata o addirittura in colpa.
“Svegliati”
Apro gli occhi, sono le 7.00 del mattino, mi preparo per andare a scuola.
Ore 10.00.
“Scendi da quelle cazzo di nuvole e datti una svegliata”.
Mi fermo a fissare le gocce di pioggia che scorrono sulla finestra e fanno a gara a chi arriva prima, ha vinto quella di destra, strano avrei tifato per la sinistra.
Strano davvero, quella di sinistra aveva già vinto.