Hai presente quando, nei sogni, cerchi di correre, ma rimani sempre fermo?
di Lorenzo Stefanini
È un uomo intrappolato.
Continua a torturarsi.
è stato ucciso
anni or sono
ma sembra voler fare di peggio:
già, vuole sopravvivere.
Non riesce a cambiare,
vorrebbe potersi esternare,
ma ogni volta
torna a ciò che lo ammazza.
Per questo egli è qui:
cerca di risolversi
scrivendo una poesia.
Si isola:
non può altro;
indaga scrivendo.
Potrebbe trovare la sua essenza
se solo si cercasse,
ma dove potrebbe trovarsi?
Beh, un’opzione sarebbe che
il nostro uomo tentasse di aprirsi
a relazioni che sfidano il suo corrotto ego.
Sbaglia quando si imprigiona;
si crea una bolla,
la sua comfort zone.
Tutto meno che una comfort zone è,
poiché quando se ne accorge,
quando inquadra la situazione in cui vive
e la sua visione
si estende alla terza persona,
lì intuisce che è ora,
è ora di rivoluzione.
Così trova il coraggio:
inizia a camminare,
il nostro bebè adulto.
Un piccolo passo,
uno alla volta
e quando inciampa
sa che non può
che essere un regalo.
Nota ciò che ha in sé:
nulla.
Deduce finalmente
che non ha niente da perdere
e d’altronde persino la sconfitta
è sempre una vittoria.
Allora è il momento,
ma quando arriva,
ancora, non sa coglierlo
di nuovo si rinchiude
nella sua cella.
Che cosa succede?
Non lo sa, o forse sì
perché se lo sapesse;
se potesse vedersi dall’alto
si rimprovererebbe.
Lo sa, non si capacita
di liberarsi
dalla condanna perpetua
che si è inflitto.
Perché forse è nella paura,
nel timore e nello spavento,
nell’anomalo e nell’irregolare,
che tutto si muove e tutto vive.
L’equilibrio tra il dubbio
e la sicurezza
lo tiene in bilico,
su un filo,
che non sa domare.
Esso prende il controllo;
lui lo combatte:
vacillando, sì,
deve eliminare quel presentimento,
quella sensazione assassina.
La vede, la guarda:
lo fissa negli occhi
e gli parla:
“Seguimi” sussurra.
“Non verrò con te…
ma ora ti conosco”
rispose l’impavido
inseguitore della felicità.