a cura di Pietro Casari

Quando si parla di mafia, il più delle volte risulta difficile riuscire a darne una rappresentazione puntuale e concreta. Sono molti i preconcetti che spesso ci lasciano una visione distorta di cosa effettivamente sia un’associazione mafiosa. Il mafioso con occhiali da sole e sigaro che parla in dialetto siciliano, la banda di gangster, il gruppo di spacciatori di periferia: sono queste tutte immagini simbolo riconducibili al fenomeno mafioso, formulato dalla (e per la) massa perché facilmente associabili a quell’aura di terrore che la mafia è riuscita a creare negli ultimi decenni del Novecento, compiendo una serie interminabili di stragi che hanno funestato la vita democratica del Paese.

Dal canto suo, poi, l’industria cinematografica le ha poi rese ancor più celebri e affascinanti, alimentando quella prospettiva lontana dalla realtà e, anche per questo,  così pericolosa. Pericolosa perché non ci permette di identificare la mafia per quello che è veramente. 

Risuonano a tal proposito sempre illuminanti le parole di Giovanni Falcone, confluite nel libro-testamento “Cose di Cosa Nostra”: «Se vogliamo combattere efficacemente la mafia, non dobbiamo trasformarla in un mostro né pensare che sia una piovra o un cancro. Dobbiamo riconoscere che ci rassomiglia».

E allora perché la mafia è così potente? 

La grande capacità della mafia italiana negli anni è stata quella di fondersi, più o meno silenziosamente, nel nostro tessuto sociale: controllo territoriale, estorsione e riscatto, collusioni con la politica a tutti i livelli, nazionale e locale. E questo ha portato la mafia a essere ancora oggi forte e presente, dopo quasi 150 anni dalla sua “nascita”.

Mafia, dove?

«La mafia oggi non ci spaventa, la sentiamo lontana da noi» dicono i ragazzi di 3B, 3C e 4E dell’istituto, che hanno affrontato un percorso di Educazione civica sul fenomeno mafioso con il loro docente di Storia e Filosofia, ma «allo stesso tempo però siamo consapevoli di quanto sia presente anche nel nostro territorio e riesca a provocare nel silenzio irreparabili danni». Un percorso di studio e approfondimento che ha creato quindi consapevolezza nei ragazzi, capaci di capire che le azioni antimafiose del passato debbano essere ripetute con determinazione e vigore, lasciando da parte gli stereotipi.

«Essere antimafiosi oggi vuol dire essere pronti a combattere con coraggio e attenzione. Dobbiamo essere consapevoli che il fenomeno mafioso sia presente anche dove ce lo aspettiamo di meno. E per combattere al meglio non dobbiamo solo agire in tutela della legalità, ma anche sensibilizzare e supportare le iniziative, istituzionali o meno, che lottano contro la mafia». 

Perché è ancora importante parlarne?

Le grandi stragi del ‘92 hanno traumatizzato l’Italia e hanno risvegliato la coscienza collettiva sul fenomeno mafioso, ma con il tempo sembrerebbe che pian piano si sia dimenticata la sua esistenza e le sue conseguenze. È quindi il caso di chiedersi se forse la scuola, come la società, mostri ormai oggi di dedicare poco spazio all’argomento, concentrandosi su altri temi ritenuti di più stretta attualità. «In diverse occasioni, purtroppo, l’Italia ha dimostrato e dimostra ancora di essere un Paese dalla corta memoria. Non so dire se in questo la scuola sia specchio della società o viceversa. Probabilmente entrambe le cose. Certamente, anche se negli anni, rispetto a quegli anni bui di fine Novecento, abbiamo realizzato passi enormi nella coscienza civile nazionale, oggi ho l’impressione che lo spazio dedicato alla mafia nel Paese, dalle scuole alla politica, alla stampa e ai telegiornali, sia risicato e – temo – non sufficiente. Altrettanto vero è che la scuola ha un potere enorme nella formazione di uno spirito critico collettivo. Abbiamo già visto in passato, pagandone un prezzo decisamente caro e doloroso sulla nostra pelle, che questo silenzio rafforzi ancora di più la mafia» dice il docente che ha seguito i ragazzi nel percorso.

Il lavoro ha mirato prima di tutto alla sensibilizzazione dei ragazzi, resi consapevoli e capaci di essere attivi rispetto a questo tema. Il percorso condotto in classe durante l’intero anno scolastico, si è concluso con la pubblicazione online (https://sites.google.com/view/nomafia/home-page) di una raccolta di testi biografici e articoli, curati dagli stessi studenti, legati a singoli aspetti e momenti della storia di mafia e antimafia. Solo essendo in grado di riconoscerne la presenza e la sua esistenza, possiamo infatti lottare contro essa.

Cosa impariamo dal passato?

Dal prezioso lavoro svolto dagli studenti è possibile apprendere come non solo i mafiosi di oggi e di ieri siano e fossero personaggi in carne e ossa, lontani dalla mitologia creata da cinema, letteratura e industria culturale, ma che soprattutto questo valga a maggior ragione anche per le figure dell’antimafia che hanno combattuto Cosa Nostra in passato e quelle che oggi continuano a combatterla.

«Ci hanno colpito le storie di personaggi come Peppino Impastato, Vera Pegna e tutti coloro che hanno lottato nelle file dell’antimafia, che denotano il loro grande coraggio. Seppur persone comuni come noi, sono riuscite a vincere le loro paure e denunciare le azioni criminali. La mafia spaventa, minaccia ed è vendicativa: eppure loro, pur sapendolo si sono battuti così tanto. Questa forza ci ha veramente stupito».

Personaggi semplici quindi, ma che con grande decisione ed enorme dignità hanno lottato e in alcuni casi si sono anche sacrificati per i diritti degli altri. Tante figure sono purtroppo cadute in questa lotta, ma spesso vengono ignorate quelle che mediaticamente hanno avuto sempre meno rilevanza, come gli uomini delle forze dell’ordine impegnati nelle scorte o che comunque hanno perso la vita nello svolgimento del proprio servizio. Un esempio di come il coraggio non appartenga solo agli eroi. Sempre Falcone diceva che essere coraggiosi è riuscire a convivere con la nostra paura senza lasciarci influenzare. 

A distanza di trent’anni dalle stragi, tracciando un bilancio, possiamo domandarci se l’Italia abbia imparato a convivere con la paura della mafia mascherandosi dietro una colpevole indifferenza. «La paura è comprensibile – conclude il docente – ed è una reazione umana, di fronte a un grande impegno come può esserlo quello di opporsi e affrontare collettivamente la mafia. Dobbiamo però avere l’intelligenza anche di comprendere la necessità di superare un paradigma antico della lotta alle organizzazioni criminali, che deleghi a pochi, singoli “eroici” rappresentanti delle istituzioni il compito di reprimere il fenomeno mafioso. La lotta alla mafia, dovremmo aver ben appreso oramai, sarà vincente solo quando di massa, con la creazione di strumenti e azioni che coinvolgano il singolo in questo sforzo comune, che renda l’antimafia alla portata di tutti. Ciononostante l’indifferenza e l’inazione oggi sono forti e forse sintomo della non volontà, della pigrizia o dell’incapacità a riconoscere l’urgenza di una lotta alla mafia, che impegni tutti, dall’alto al basso. Simili atteggiamenti, a più livelli, sono diffusi nel Paese e compito della scuola è senza dubbio quello di contribuire ad alimentare nel tessuto sociale quanto più possibile una sana coscienza politica, che parta dal considerare le proprie priorità e prospetti un modello di società egalitaria, democratica, inclusiva e nonviolenta. Al contrario, il non affrontare il problema, nascondendo la polvere sotto il tappeto, è il più grande regalo che si possa fare alle organizzazioni mafiose, che dal silenzio – abbiamo imparato – traggono tutta la loro forza».

L’impegno sociale oggi è quello di vivere con coscienza il presente, riuscire a riconoscere il mondo intorno e prendere posizione rispetto alle sfide del presente. Conoscere e riconoscere il fenomeno mafioso aiuta noi a costruire un mondo più giusto e libero ed è quindi fondamentale un impegno in questo senso.


Per consultare il lavoro degli studenti delle classi 3B, 3C e 4E: 

https://sites.google.com/view/nomafia/home-page

1 commento su “LA MAFIA ESISTE ANCORA”

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