Negli ultimi giorni si è parlato molto del 41-bis, ma quello che sui giornali non è spiegato è la visione tecnico-teorica di questo “carcere duro”. Cos’è il 41-bis? Chi finisce in questa sezione? Perché si arriva a questa condanna? 

 di Camilla Bernoldi

Ciao, sono Camilla, un’ex studentessa dell’ITIS. Attualmente studio Criminologia e Scienze della Difesa Sociale a Brescia.

Dato che poco tempo fa è uscito un articolo sulla sezione 41-bis, come condanna per reati penali, e che durante le mie lezioni ho affrontato l’argomento, ho deciso di parlarvi dell’aspetto tecnico di questa pena.

Per definire che cosa sia il “carcere duro”, facciamo prima un passo indietro e vediamo quali tipi di giustizia applica il nostro paese. Esistono tre tipi di giustizia: retributiva, riabilitativa e riparativa; esse sono complementari tra loro e il nostro paese le applica tutte, ciascuna nel suo ambito specifico.

La prima, la giustizia retributiva, è la forma di giustizia che pondera la pena in base al danno che viene provocato; essa trova le sue fondamenta nelle teorie di Cesare Beccaria (padre della giustizia), basate sul principio secondo cui a un reato consegue sempre una pena forte e sicura, incentrata sulla privazione della libertà. La sanzione principale prevede dunque le pene detentive, tra le quali il 41-bis.

La giustizia riabilitativa, invece, si basa su un ideale rieducativo secondo il quale il reo (autore del reato) deve poter tornare in società una volta “guarito” dal suo crimine; essa deriva dagli studi di Cesare Lombroso, che sostenevano la natura patologica delle ragioni di commissione di un reato. Le sanzioni principali di questa giustizia sono le pene scontate al di fuori del carcere.

Infine vi è la giustizia riparativa, quella forma di giustizia secondo la quale si deve riparare al danno sociale fatto; da questo concetto, ad esempio, deriva la mediazione penale tra reo e vittima.

In Italia si predilige la giustizia riabilitativa per la maggior parte dei reati.

Torniamo al 41-bis. Esso viene introdotto ufficialmente a seguito delle stragi di Capaci e di via D’Amelio del 1992. Viene chiamato così perché fa rifermento all’articolo 41-bis co.2 dell’ordinamento penitenziario.

Il carcere duro è una forma di reclusione particolarmente rigorosa, dove il carcerato è confinato per 22 ore al giorno in camere di dimensioni variabili a partire dai 4 m2 fino, anche, ai 10 m2, come nel caso di Matteo Messina Denaro. Le celle dispongono di libri, giornali, televisione con limitazione dei canali e del tempo di visione, arredi essenziali e bagno con turca. Non sono concessi contatti con gli altri soggetti all’interno del carcere e il recluso è costantemente sorvegliato. Lo stesso ha 2 ore di uscita dalla cella al giorno, anch’esse sorvegliate rigorosamente, e contatti con famigliari stretti solo in presenza di altri e comunque attraverso una divisoria in vetro, per evitare contatti fisici di ogni genere. Gli sono permessi contatti illimitati solo con il suo avvocato difensore, anch’essi tuttavia regolamentati. La posta in entrata e uscita è controllata, così come gli oggetti concessi, provenienti dall’esterno.

Attualmente i carcerati nel braccio del 41-bis sono 749, di cui 13 donne. Finiscono al 41-bis coloro che vengono giudicati talmente pericolosi da dover essere necessario sacrificare la loro libertà per proteggere tutti gli altri cittadini e l’ordine pubblico. È destinato per lo più ad autori di reati in materia di criminalità organizzata, nei confronti dei quali sia stata accertata la permanenza dei collegamenti con le associazioni di appartenenza oppure a persone che hanno leso gravemente l’ordine pubblico, come i terroristi. Per quanto riguarda i mafiosi, che costituiscono la percentuale più elevata in queste strutture, essi sono confinati qui perché se avessero tutte le libertà del carcere ordinario, si correrebbe il rischio di scoprirli a gestire i loro affari anche durante la pena.

I nomi più noti che hanno scontato o stanno scontando le loro sentenze nelle Case Circondariali sono Totò Riina, Matteo Messina Denaro e infine, l’uomo del quale si è parlato nel precedente articolo, Alfredo Caspito.

Totò Riina è uno dei più importanti boss di Cosa nostra e giudicato il principale responsabile dell’uccisione di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. La sua carriera criminale inizia già a 19 anni con una condanna di 12 per l’aggressione e l’uccisione di un coetaneo; a suo carico, durante gli anni, vengono emessi diversi ergastoli per numerosi omicidi, come quello di Tommaso Buscetta e di altri boss mafiosi. Viene arrestato il 15 gennaio del 1993, dopo 24 anni di latitanza, in seguito a una soffiata ai Carabinieri da parte di un suo collaboratore sulla posizione del suo “covo”.

Matteo Messina Denaro è un altro boss di Cosa nostra, inserito nella lista dei 10 latitanti più ricercati del mondo. È conosciuto per essere uno dei mandanti delle stragi del 1992 e per ave strangolato e poi sciolto nell’acido il 15enne Giuseppe Di Matteo. Il boss è stato catturato il 16 gennaio 2023 dopo 30 anni di latitanza. Anche lui ha a suo carico numerose condanne, tra le quali un ergastolo da scontare nel 41-bis.

Alfredo Cospito è il primo anarchico a finire nel 41-bis. Nel 2012 viene condannato a 10 anni e 8 mesi per aver gambizzato (ferito alle gambe ai fini di terrorismo) Roberto Adinolfi, l’amministratore delegato di Ansalo Nucleare. Mentre è già in carcere viene accusato di aver posizionato due ordigni in un’ex caserma dei Carabinieri nel 2006. La corte d’appello lo condanna a vent’anni; la Cassazione, invece, ritiene si tratti di strage contro la sicurezza dello Stato, un reato che prevede la pena dell’ergastolo ostativo, viene, quindi, condannato con 12 mesi di isolamento diurno. Il caso però non è ancora chiuso: sono in atto ulteriori indagini da parte della della Corte d’appello di Torino, visto le sue recenti azioni.

Spero di avervi fornito maggiori informazioni sull’argomento. Se avete dubbi, domande o osservazioni, scrivete un commento e cercherò di rispondervi in base alle mie conoscenze.

3 thoughts on “NELL’OTTICA DEL 41-BIS”
  1. Articolo molto più chiaro dell’altro, che palesemente è di parte. Dopo aver letto l’altro articolo pensavo che tutte le celle fossero 2 × 2m con solamente un letto ma a quanto pare boss come Messina Denaro ha la cella che è grande quanto la mia camera da letto con tv, libri e altra roba. Se dovete scrivere articoli almeno scriveteli completi che altrimenti diffondete disinformazione.

    1. Ciao Mat, grazie per il tuo commento, che ci consente di fare chiarezza. I due articoli hanno due scopi diversi: il primo è di commento mentre il secondo è divulgativo. Un articolo di commento esprime l’opinione del/della redattore/redattrice in merito all’argomento trattato, dunque è per sua natura di parte; un articolo divulgativo, invece, ha come scopo quello di fornire informazioni sulla questione in oggetto.

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