Scienza ed etica: da Galileo a Henrietta Lacks. Quando, incontrando i valori dell’etica, osservazione, ipotesi, sperimentazione e tesi diventano molto più di semplici fasi del metodo scientifico.
Di Demetra Benatti, Christian Gualtieri e Matilde Zuccati
Il percorso dell’umanità in direzione del progresso è millenario: per certi versi, si può dire che abbia avuto inizio con la filosofia greca, che ha rappresentato il primo momento di “stacco” dalla tradizionale visione mistico-religiosa del cosmo. Tale approccio ha visto, poi, uno dei suoi momenti chiave nell’introduzione del metodo scientifico: grazie a Galileo Galilei, padre della scienza moderna, la comunità scientifica ha, infatti, mutato radicalmente il modo di approcciare e comprendere il mondo.
La Grecia classica è stata, pertanto, il punto di partenza di questo viaggio: filosofi come Platone e Aristotele hanno gettato le basi per un approccio più metodico della conoscenza e della realtà, sottolineando l’importanza della riflessione e del ragionamento logico.
Tuttavia, a dispetto dei tentativi della filosofia, il sapere è rimasto ancora a lungo confinato all’interno dei limiti dettati dall’autorità religiosa e dalle tradizioni e questo finché, durante il Rinascimento, non si è avuta una svolta in senso empirico e antidogmatico: Leonardo da Vinci, con la sua attenzione all’osservazione diretta della natura, ha rappresentato un importante passo in questa direzione.
La vera svolta, però, è ben più visibile in Galileo, che ha dimostrato l’importanza di un metodo scientifico basato sull’osservazione, l’esperimento e la verifica dei dati raccolti.
La sua opposizione al dogmatismo ha contribuito a definire un nuovo approccio alla scienza, incentrato sul laboratorio e sulla ricerca rigorosa.
È possibile dire che, dall’antica filosofia greca alle rivoluzionarie intuizioni e scoperte di Galileo, l’umanità abbia compiuto un percorso straordinario che l’ha condotta a una comprensione molto più ampia del mondo naturale e a una conoscenza basata sulla ragione e sull’evidenza.
Questi presupposti rappresentano anche adesso il credo della comunità scientifica.
IL METODO SCIENTIFICO SPERIMENTALE
Il metodo scientifico di Galileo è un approccio strutturato alla ricerca scientifica che si articola in quattro fasi fondamentali: osservazione, ipotesi, sperimentazione e analisi dei risultati.
Inizialmente, l’osservazione accurata dei fenomeni naturali è cruciale per acquisire una comprensione approfondita del mondo che ci circonda; questo passaggio richiede attenzione ai dettagli e un approccio obiettivo per cogliere la realtà nella sua completezza.
Successivamente, le ipotesi vengono formulate come possibili spiegazioni dei fenomeni osservati; l’esperimento è il cuore del metodo di Galileo, che consente ai ricercatori di testare le loro tesi in modo controllato e ripetibile.
Attraverso la sperimentazione, gli scienziati possono raccogliere dati empirici che confermano o confutano le loro teorie.
La fase conclusiva del metodo scientifico è rappresentata dall’analisi dei risultati, che permette ai ricercatori di trarre conclusioni valide e affidabili dai dati raccolti durante gli esperimenti.
Nelle moderne discipline scientifiche, il metodo di Galileo trova ampio impiego ed è riscontrabile in molteplici sfaccettature.
In biologia, ad esempio, è cruciale per esplorare la struttura cellulare, l’evoluzione e le dinamiche degli ecosistemi. Attraverso osservazioni dettagliate e sperimentazioni mirate, gli scienziati possono rispondere a domande fondamentali riguardanti le diversità della vita sulla Terra e le sue origini.
In chimica, il metodo di Galileo è essenziale per scoprire nuovi materiali, reazioni chimiche e tecnologie avanzate; gli scienziati studiano in maniera approfondita le proprietà, le caratteristiche ed anche la pericolosità di molecole che entrano in gioco nella nostra vita quotidiana.
Infine, nell’ambito della medicina, è il fondamento della ricerca medica e dello sviluppo di nuove terapie: viene, infatti, utilizzato per comprendere la dinamica delle malattie e per cercare di curare il maggior numero di persone possibile tramite osservazioni cliniche, studi epidemiologici e rigorose prove sperimentali; questo approccio ha portato ad una maggiore precisione nelle osservazioni anatomiche e nel monitoraggio dei pazienti.
Grazie al metodo galileiano, si è giunti ad una medicina considerata come una disciplina logica basata sull’evidenza, con ipotesi verificate, dove le decisioni cliniche sono supportate da dati scientifici solidi e prove empiriche.
Tuttavia, insieme a tutti i successi e progressi scientifici raggiunti grazie al metodo galileiano, emergono anche questioni etiche e sociali, come evidenziato anche dal caso di Henrietta Lacks. Nonostante l’enorme scoperta a cui ha inconsapevolmente portato questa donna eccezionale, sono sorti diversi dubbi sulla tutela della privacy delle analisi e delle diagnosi dei vari pazienti.
LA STORIA DI HENRIETTA LACKS
All’interno di ogni laboratorio di biologia cellulare, dove lo sguardo esaminatore attraversa il microscopio e le mani si muovono con maestria tra le piastre di coltura, si celano storie straordinarie di scoperte e innovazioni, che guidano il progresso umano; questi successi sono frutto dell’evoluzione costante del metodo galileiano, embrione della scienza moderna e lucerna che ha permesso all’uomo di orientarsi nelle tenebre dell’ignoto.
Tra le numerose storie legate ai trionfi dell’ingegno umano, vogliamo ricordare quella di Henrietta Lacks, una donna afroamericana che, inconsciamente, ha lasciato un’impronta indelebile nella storia della scienza.
La sua vicenda non solo narra di una scoperta che ha rivoluzionato la ricerca, ma offre tutt’oggi uno spunto di riflessione sulle implicazioni etiche e sociali insite in tali studi.
Nel 1951, nell’ospedale Johns Hopkins di Baltimora nel Maryland, Henrietta Lacks è morta a causa di un tumore al collo dell’utero; senza alcun consenso da parte di Henrietta o della sua famiglia – consenso all’epoca non richiesto – dopo la morte della donna, i medici hanno prelevato alcuni campioni delle sue cellule tumorali così da analizzarle.
Lo studio successivamente condotto ha segnato l’inizio di un percorso che ha portato a scoperte fondamentali per la cura di gravi malattie quali tumori, poliomielite, HIV e AIDS. Tutto ciò è stato possibile grazie alle cellule di Henrietta Lacks, che ad oggi prendono proprio il nome di HeLa.
Il punto focale dell’avvenimento che è nostra cura attenzionare riguarda, tuttavia, l’aspetto etico della storia.
Come precedentemente sottolineato, all’epoca dei fatti, non era necessario ottenere il consenso per il prelievo di tessuti post-mortem; questo scenario ha permesso ai ricercatori di prendere decisioni in piena libertà, non essendo essi vincolati da alcuna legge o obbligo formale.
Compiere un’azione che ha favorito sicuramente il progresso scientifico, ma non l’etica, è stato dettato dal bisogno di trovare colture cellulari umane che potessero riprodursi indefinitamente, cosa che fino a quel momento si era rivelata impossibile.
La problematica con la quale gli scienziati hanno dovuto interfacciarsi per lungo tempo riguardava il fatto che, indipendentemente dal tessuto al quale esse appartenevano, le cellule umane in coltura, seppur adeguatamente curate, morivano dopo un certo numero divisioni cellulari, rendendo difficile la ricerca a lungo termine.
Le cellule di Henrietta Lacks si sono rivelate, però, differenti: in quanto cellule tumorali, esse presentavano una mutazione che permetteva loro di evitare il normale processo di invecchiamento e morte cellulare. La portata di questa scoperta ha portato le cellule HeLa in tutti i laboratori scientifici del Paese.
La scelta effettuata da medici e scienziati che si sono occupati del caso non è stata mai approvata dalla famiglia Lacks, che ha intentato causa contro coloro che hanno venduto e continuato a riprodurre le cellule di Henrietta senza alcun consenso da parte della famiglia.
Quando la notizia si è diffusa in tutto il mondo, ha avuto vastissima eco, generando una disputa tra coloro che sostenevano l’azione degli scienziati, sottolineando l’importanza del progresso scientifico, e coloro che consideravano questa azione una violazione etica.
È ovvio che, se le cellule HeLa non fossero state scoperte, la ricerca scientifica avrebbe potuto impiegare molti più anni per trovare cure adeguate a tante malattie mortali. Tuttavia, la domanda che umanamente è giusto porsi è: sarebbe stato possibile arrivare a mèta nel rispetto di tutte le parti interessate?
Nonostante la causa aperta dalla famiglia e il forte dibattito creatosi, i Lacks non hanno mai ricevuto scuse ufficiali né un adeguato risarcimento.
È per questo motivo che occorre tenere sempre conto del rispetto, soprattutto in situazioni dove il libero arbitrio regna e l’importanza di non abusare del potere conferito dal proprio ruolo professionale o politico.
Seguire un’etica scrupolosa non solo consente all’uomo di essere in pace con sé stesso, ma permette anche di vivere in armonia con chi lo circonda, agendo nel rispetto degli altri e aiutando così tutti a perseguire la propria felicità.
Concludiamo la nostra riflessione con una citazione di Immanuel Kant, che sottolinea come l’etica non deve può essere sacrificata in nome del progresso scientifico. Il filosofo di Konisberg pone l’accento sul diritto di ciascuno a perseguire la propria felicità nel modo che ritiene giusto, a condizione che non limiti la libertà degli altri di fare lo stesso.
Nel caso di Henrietta Lacks, l’azione dei medici di prelevare e usare le sue cellule senza consenso ha danneggiato il diritto dei familiari di elaborare il lutto e di onorare la sua memoria secondo le loro preferenze.
Conciliare l’etica e la scienza attraverso trasparenza, consenso informato e rispetto per le persone coinvolte è possibile: solo così possiamo sperare di costruire un futuro in cui la ricerca scientifica avanzi senza compromettere i principi fondamentali dell’umanità.
“Nessuno mi può costringere a essere felice a suo modo, ma ognuno può ricercare la sua felicità per la via che a lui sembra buona, purché non rechi pregiudizio alla libertà degli altri di tendere allo stesso scopo, in guisa che la sua libertà possa coesistere con la libertà di ogni altro secondo una possibile legge universale.”
-Immanuel Kant.