“Forse il Festival funziona perché qui, per qualche giorno, circolano parole diverse”. Erri De Luca sintetizza a suo modo la kermesse letteraria che una volta all’anno trasforma Mantova in una città internazionale. Ma come fanno a circolare queste “parole diverse”? A svelarlo noi tre membri del blog del Fermi, che abbiamo vissuto in prima persona gli ingranaggi letterari del Festival.

di Emma Malavasi, Andrea Bizzarri e Dafne Bonaldo

Dalla “Redazione Testi” il racconto di Emma Malavasi

Passare da un evento all’altro, spesso in tempi ristretti (e, quest’anno, anche sotto la pioggia) è un impegno che vale la pena affrontare per immergersi nello spirito di Festivaletteratura. Un’anima letteraria che va nutrita con cinque giorni di intenso lavoro. Una corsa contro il tempo dove la fatica trova conforto nella vivacità della città che vibra. Diviene energia fatta di parole e incontri.Autori di ogni provenienza e fama si mischiano ai lettori e la bellezza di Mantova diviene tangibile: bar e ristoranti si riempiono, la gente entra ed esce da negozi ed eventi. Legge, conosce e si diverte.

La Redazione Testi è un ambiente stimolante, dove ci si mette in gioco e si riceve piena fiducia nelle proprie capacità di scrittura. Anche se ci sono alcune regole da seguire che possono sembrare rigide, c’è ampia possibilità per esprimere la propria creatività. Si può spaziare da una semplice descrizione oggettiva a un focus su una frase che ha stimolato attenzione e fantasia durante l’evento assegnato, creando così un racconto unico e personale.

Dal “Servizio Eventi” il racconto di Andrea Bizzarri.

Nei cinque giorni del Festival più atteso dell’anno, l’aria di Mantova si era fatta effervescente, le vie della città, gremite di turisti e autori da tutta Italia ed Europa, non sono mai state così allegre e cariche di fermento popolare. Sulle strade scorrevano fiumi di totem e magliette blu. Sono loro la linfa vitale del Festival: se non ci fossero, l’intera macchina organizzativa s’incepperebbe. Ragazze e ragazzi arrivano a toccare punte di dodici ore di lavoro in una sola giornata, ma lo fanno col sorriso assicurando che per loro è tutt’altro che una fatica: è un vero e proprio piacere e un’esperienza altamente formativa.Alla Casa del Mantegna, il luogo dove tutti gli eventi per bambini si svolgono, si percepiva un’aura ancora più magica che negli altri luoghi. Vedere i visi dei bambini immersi in eventi costruiti ad hoc per loro dove si semina e si raccoglie cultura è per i volontari una motivazione ancora più accentuata per fare al meglio il loro compito.

Gli impegni di tutti i giorni? Eccoli: dare supporto agli autori durante i laboratori, coinvolgere bambini e genitori, scherzare con loro, far firmare le liberatorie, scansionare i biglietti (passatempo migliore degli ultimi anni), sistemare una settantina di sedie in cinque minuti.Un momento di relax è la mensa gratuita: senz’ombra di dubbio non l’obiettivo primario di tutti ma sicuramente un’occasione di incontro e scambi di idee ed esperienze. E anche la semplice condivisione di un pasto coglie lo spirito del Festival: un clima di comunità eccezionale che sembra indistruttibile.

Unico punto debole? Lo scorrere del tempo. Passano troppo veloci questi cinque giorni e quando si arriva alla cena finale non mancano le lacrime. Troppe emozioni. E anche questa è una dimostrazione di quanto il Festival sia un evento eccezionale che aggrega i giovani della città sotto le ali della cultura e della collaborazione: un contesto stupendo e rarissimo.Alla fine è al bar Lasagna di piazza Broletto che le lacrime si asciugano. Un punto di riferimento per i volontari e una meta di pellegrinaggio obbligatoria per i giovani stremati da giornate intensissime e straordinarie. Anche questo è un luogo del Festival che meriterebbe un suo personalissimo totem.

Dai “Fotografi al Festival” il racconto di Dafne Bonaldo

Svolgendo il compito di volontari, si potrebbe pensare che il tempo passato al Festivaletteratura possa risultare pesante e noioso, con un sacco di incarichi da svolgere e ripetitivi. In realtà non è così. Nonostante le numerose mansioni assegnate, non mi sono mai annoiata. Nella “redazione foto” ho avuto modo di esprimermi attraverso i miei scatti e ho trovato persone disponibili e con i miei stessi interessi. Consigli su come migliorare i ritratti, complimenti per le foto ben riuscite, risate e battute sono stati gli elementi che mi hanno accompagnata durante la mia esperienza. Inoltre ho avuto l’opportunità di partecipare a molti incontri letterari, conoscendo nuovi scrittori, ascoltando i loro punti di vista e ricevendo spunti di riflessione. Tra corse per non arrivare in ritardo agli eventi e pranzi passati in compagnia, posso dire che, come io ho dato la mia disponibilità e il mio tempo, così ho ricevuto dal Festival molti insegnamenti e vissuto un’esperienza indimenticabile.

Di Emma Malavasi

Descrivo specchi che non riflettono.

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