Il 7 ottobre 2023 i terroristi di Hamas decidono di attaccare lo Stato Ebraico, facendo oltre mille vittime tra civili e militari. Israele risponde bombardando la striscia di Gaza, uccidendo ad oggi quasi 40 mila persone. Analizziamo assieme la situazione odierna ad un anno dall’attacco che ha riacceso il conflitto.

Di Janiss Zanoni

Il primo attacco avviene quindi un anno fa, e la situazione non dà segni di miglioramento, le politiche di apartheid Israeliane nei confronti della Palestina si sono inasprite, così come sono aumentate le offensive militari che hanno urtato anche gli stati vicini come Iran e Libano. Oggi la situazione che ci preoccupa di più, dopo quella di Gaza, è sicuramente quella nel sud del Libano, dove attualmente il principale bersaglio è la capitale Beirut, sulla quale vengono lanciati continui raid missilistici.

L’ultimo anno di conflitti ha coinvolto anche Siria ed Iran, il quale ha provato ad attaccare Israele in difesa della Palestina, andando incontro a contrattacchi aerei israeliani. Nonostante la drammatica situazione, le maggiori potenze del Medioriente, fatta eccezione per l’Iran, non hanno aiutato le vittime, in quanto sono storicamente alleate allo Stato Ebraico a seguito degli accordi di Abramo, inizialmente stipulati tra Israele, Giordania, Egitto e Stati Uniti, ai quali nel 2020 si sono uniti anche gli Emirati Arabi. Rompere questo accordo non rientra nell’interesse delle nazioni, che mostrano solidarietà al popolo palestinese, ma solo a parole, perché di fatto, nessuno si è ancora impegnato militarmente per difenderlo.

Si potrebbe pensare che una situazione tale sia il risultato di un disinteresse completo dinanzi al conflitto da parte delle organizzazioni internazionali e delle grandi potenze, ma non è così. Gli Stati Uniti, infatti, sono i primi finanziatori di Israele, al quale forniscono gli armamenti militari necessari per mettere in atto una difesa che possa essere degna. I candidati dei due partiti, infatti, sono entrambi favorevoli nel continuare con gli aiuti con il pretesto che vengano utilizzati per far sì che la guerra finisca.

Sulle orme degli Stati Uniti, anche molte delle grandi potenze del mondo occidentale supportano Israele, con un sostegno non solo materiale, ma anche diplomatico. Gli stati, infatti, ritengono sia legittimo affiancare questo stato che deve essere protetto dalle imminenti minacce, come l’organizzazione terrorista di Hamas. Seconda agli USA per gli aiuti militari a Israele è la Germania, che si giustifica sostenendo di sentirsi in dovere nei confronti del popolo ebraico.

Se da un lato i governi ragionano in termini di alleanze e convenienze sul piano economico, molti cittadini hanno deciso di ragionare sulla questione da un punto di vista umano, e diversi si sono dimostrati contrari ai provvedimenti presi (o forse, per meglio dire, non presi) fino ad ora.

Le manifestazioni che chiedono la pace e mostrano solidarietà per il popolo palestinese sono state moltissime in tutto il mondo e continuano ad esserci, anche in Italia. La più recente è stata organizzata il 5 ottobre a Roma, proprio per ricordare l’anniversario dell’evento scatenante. Riguardo a quest’ultima, è necessario menzionare il fatto che, nonostante le intenzioni fossero pacifiche, la questura l’avesse in un primo momento vietata, per poi autorizzarla con la condizione di inasprire i controlli delle forze dell’ordine non solo nelle zone del corteo, ma anche nel resto della città. Sui social sono tantissime le testimonianze delle persone che hanno riferito di essere state portate in questura solo per essere state identificate come manifestanti, senza aver commesso alcun atto violento, privandole del diritto fondamentale riconosciuto nella Costituzione di manifestare pacificamente per esprimere il proprio dissenso.

È ormai evidente che la situazione non è destinata a cambiare nel futuro più prossimo, quindi il mio invito è quello di prendere un momento di pausa per informarsi su ciò che accade e ragionare sui fatti attuali. È giusto ignorare decine di migliaia di morti quando tutti gli anni a scuola ci insegnano che la storia si studia per non dimenticare e per non ripetere gli stessi errori? E se qualcuno se lo fosse dimenticato, non sta forse a noi il compito di ricordalo?

Di Janiss Zanoni

Mi piace scrivere e informare, parlo di attualità perché credo sia importante dare spazio a argomenti che vengono spesso trascurati.

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