INTERVISTA A LORENZO COGHI, CESTISTA IN CARRIERA

DI PIETRO CASARI


Per la sezione INTERVISTE CELEBRI, abbiamo intervistato Lorenzo Coghi, studente di 3a C, che da diversi anni sta collezionando presenze nella selezione giovanile regionale di Basket, con cui ha anche disputato diversi prestigiosi tornei. Forse qualcuno lo ricorda dalla notizia di quasi due anni fa, pubblicata sul sito della scuola in occasione della sua convocazione come giocatore della regione Lombardia, per disputare il prestigioso torneo Fabbri, o forse, soprattutto i più piccoli, lo riconoscono per la sua altezza, che non lascia indifferenti, ma che, nel mondo del basket, è norma. La scelta per la nostra intervista è ricaduta su di lui per il recente esordio in serie A2, la seconda competizione nazionale per importanza in Italia, avvenuta a soli 16 anni con la squadra della sua città, gli Stings Mantova, e in un campo storico, il PalaLido di Milano (oggi Allianz Cloud), campo che ha ospitato per diversi anni l’Olimpia Milano, la squadra di pallacanestro più titolata d’Italia.

Lorenzo, cosa si prova ad esordire alla tua età in un campionato così importante e tra l’altro in un campo storico come il PalaLido (ora Allianz Cloud)?

L’emozione che si prova è qualcosa di indescrivibile. Davanti a 2000 persone entrare in campo nei minuti finali di una partita di serie A2 non è cosa da tutti, specialmente alla mia età. Ero molto nervoso, non sentivo le gambe. Poi lo speaker ha annunciato il mio nome e ho sentito tutti gli occhi addosso. Emozionante. Fin da quando ho preso in mano il pallone da basket per la prima volta, questo era uno dei miei obiettivi e sogni e devo dire che ce l’ho fatta.

L’emozione che si prova è qualcosa di indescrivibile. Davanti a 2000 persone entrare in campo nei minuti finali di una partita di serie A2 non è cosa da tutti, specialmente alla mia età. Ero molto nervoso, non sentivo le gambe. Poi lo speaker ha annunciato il mio nome e ho sentito tutti gli occhi addosso. Emozionante. Fin da quando ho preso in mano il pallone da basket per la prima volta, questo era uno dei miei obiettivi e sogni e devo dire che ce l’ho fatta.

Quale e quanto è stato il lavoro per arrivare fino a questo risultato? Hai qualche consiglio per chi ha il tuo stesso sogno? Non è stato facile. A parte la quantità di allenamenti e lavoro personale, sono stato fortunato perché la società (Stings Basket Mantova, ndr.) ha deciso di puntare sui giovani.

Sinceramente fino ad un anno fa non mi aspettavo di raggiungere questo obiettivo così presto, non mi sentivo all’altezza. Invece, con tanto sacrificio ed impegno, sono riuscito a portare a termine la mia impresa. Io auguro a tutti di riuscire a realizzare i propri sogni e, con tanta pazienza e sacrificio in ciò che si fa, i risultati arriveranno sicuramente.

Qual è la figura che più ti ha aiutato o ti aiuta a conciliare il carico di studio, che non deve essere leggero vista la scuola che affronti, e il numero di ore di allenamento, altrettanto pesante?

Per questo devo prima di tutto ringraziare la professoressa Elena Giannotta, che ha sempre creduto nelle mie qualità sportive, aiutandomi nei periodi di difficoltà, quando non riuscivo sempre ad organizzare studio ed attività sportiva. E poi ringrazio la mia società di basket, San Pio X Mantova, che mi ha accolto quando avevo 12 anni, aiutandomi a crescere come giocatore e che mi ha sempre protetto, permettendomi di affrontare gli studi e di raggiungere contemporaneamente questo straordinario traguardo.

Qui in Italia con difficoltà si riesce a seguire il basket, soprattutto quello di più alto livello. Ti chiedo come tu ti sei avvicinato al basket, qual è il tuo idolo e qual è secondo te un cestista attuale che potrebbe fare appassionare i giovani al basket?

La mia passione per il basket me l’ha trasferita mio papà, anche lui ex giocatore, dandomi sempre preziosi consigli per migliorare e correggere i miei errori. Non è l’unico ad avermi trasferito questa passione. Io guardo molta NBA, specialmente apprezzo un giocatore, James Harden, fonte d’ispirazione e giocatore di cui spesso mi piace imitare il gioco, a mio parere uno dei migliori della lega (NBA, ndr.). Credo che la maggior parte dei ragazzi ora si ispirino a Stephen Curry, che attualmente sta infrangendo record su record, cercando di imitare il suo modo di giocare.

Il basket non è solo uno gioco, ma come tutti gli sport, tu lo sai bene, è anche un grande mezzo per socializzare, fare esperienze ed amicizie. Tu possiedi una serie di aneddoti immagino, che hai collezionato durante le tue esperienze, non solo nella tua squadra, ma anche partecipando a diverse selezioni giovanili. Ce ne puoi raccontare qualcuno che ti è rimasto impresso e, se vuoi, puoi raccontarci una persona che hai incontrato nel tuo percorso a cui ti sei legato particolarmente?

Ho fatto molte selezioni giovanili e tornei con altre squadre, che mi hanno fatto migliorare tanto. In questi momenti ho avuto la fortuna di allenarmi con la selezione Lombardia, entrando più volte nei migliori 12 della mia annata. Capisco solo ora l’aiuto che l’allenatore della regione, che all’inizio non riuscivo a sopportare, cercava di darmi. Voleva farmi capire il potenziale che possedevo, rimproverandomi sempre più degli altri. Mi ha fatto crescere molto come giocatore di pallacanestro ma soprattutto come persona. Non credo però di aver trovato una persona con cui mi sono legato particolarmente, perché non mi sono mai trovato in completa sintonia con qualcuno senza mai litigarci (ride) e poi anche perché, essendo ragazzi di diverse zone della regione, spesso lontane, non c’è mai stato modo di incontrarsi periodicamente.

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