L’ennesimo campanello d’allarme.

Bonali Martina

È successo di nuovo. Durante la mattina del 7 gennaio, nel ricco quartiere di Pacific Palisades, a nord-ovest di Los Angeles, è scoppiato un incendio, che in poco tempo si è trasformato in uno dei più devastanti della California, in termini di danni. Le fiamme hanno conquistato terreno con facilità, vista la vegetazione estremamente arida, e nelle ore successive sono scoppiati nuovi roghi in altri quattro quartieri.

Al momento i decessi ammontano a 16, le strutture distrutte a 12.400 e gli evacuati sono 153.000. Tuttavia, secondo le autorità, il vero bilancio delle vittime non sarà chiaro finché i soccorritori non potranno entrare in sicurezza nei quartieri ormai rasi al suolo. Nonostante lo sforzo dei Vigili del fuoco, che sono arrivati persino dal Messico per soccorrere la città in fiamme, gli incendi sono ancora quasi del tutto non contenuti. Inizialmente la percentuale di contenimento era dello 0%, mentre oggi, cinque giorni dopo lo scoppio del primo rogo, è aumentata all’11%.

La causa scatenante non è ancora certa: potrebbe essersi trattato di piromani, oppure di malfunzionamenti nelle linee elettriche. L’opzione dei fulmini, che sono invece spesso causa di incendi negli Stati Uniti, è stata esclusa rapidamente, considerando che non ne è stato segnalato nessuno nelle zone dei principali fuochi. Quello che è certo, però, è che il fattore che ha reso questi incendi così devastanti e che ha permesso la loro diffusione in così poco tempo sono state le condizioni meteorologiche, perfette per una catastrofe di questo tipo.

Infatti, nei due inverni precedenti, le piogge sono state molto abbondanti e hanno portato la vegetazione a crescere considerevolmente, mentre questi ultimi sei mesi a Los Angeles sono stati caratterizzati da estrema siccità, con precipitazioni quasi totalmente assenti, rendendo secca e disidratata la folta flora cresciuta in precedenza.

Questo fenomeno, cioè l’alternarsi di periodi di piogge intense a periodi di estrema siccità, è stato definito dagli scienziati “hydroclimate whiplash” e dalla metà del ventesimo secolo è aumentato di una soglia che va dal 31 al 66% per colpa del collasso climatico a cui tutti stiamo assistendo.

A completare lo scenario abbiamo i venti di Santa Ana, noti anche come “venti del diavolo”, in quanto estremamente forti, secchi e caldi. Questi soffiano dall’entroterra della California meridionale verso la costa, raggiungendo velocità fino a 160 km/h, e al momento stanno causando moltissimi problemi a Los Angeles. Infatti, non solo alimentano e diffondono il fuoco, ma impediscono anche l’azione di aerei ed elicotteri, fondamentali per il contenimento degli incendi.

La catastrofe di Los Angeles è solo l’ennesimo segnale che il nostro Pianeta ci sta mandando. Fenomeni di questo tipo stanno aumentando rapidamente e continueranno a crescere: è ormai assodato che il cambiamento climatico incrementa notevolmente gli incendi boschivi, e altri eventi catastrofici, come uragani e inondazioni. Secondo un comunicato dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) del 10 Gennaio di quest’anno, il 2024 è stato il primo anno in cui le temperature medie globali hanno superato i livelli preindustriali di 1,6oC, sforando così il parametro di riferimento stabilito dall’Accordo sul clima di Parigi del 2015. Il tempo per agire si sta riducendo drasticamente, mentre i nostri stili di vita rimangono invariati. Le conseguenze le stiamo vedendo ora a Los Angeles, le abbiamo viste in Florida con gli uragani, in Nord Europa con i cicloni, e anche la scorsa estate in Emilia Romagna, con l’alluvione che ha fatto esondare quattro fiumi.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Scopri di più da

Abbonati ora per continuare a leggere e avere accesso all'archivio completo.

Continua a leggere