Il capolavoro di David Fincher spiegato in 6 immagini.

Di Michele Sbizzera

Fight Club (1999) diretto dal regista David Fincher con protagonisti Edward Norton (Narratore) e Brad Pitt (Tyler Durden) è un film che tratta tematiche controverse e interpretabili.

La scenografia, i colori, la disposizione di persone e oggetti comunicano sempre un messaggio che si può cogliere anche solo guardando un’inquadratura.

Ecco alcuni esempi di come l’opera ci spiega sé stessa senza parole.


LA REALTÀ DEL NARRATORE

“How embarrassing, a house full of condiments and no food”

I colori sono uniformi, tendenti a un grigio verdastro; le linee delle figure presenti nell’inquadratura sono dritte e geometriche; il posizionamento di diverse stampanti rimanda all’immagine di fotocopia. Anche le persone che dovrebbero esprimere emozioni sono tutte vestite allo stesso modo e hanno posizioni simili tra di loro, erette come pedine su una scacchiera.

La ripetitività è ciò che sta alla base della composizione di questa inquadratura, che mostra il posto di lavoro del narratore; tuttavia questa è una allegoria per qualcosa di più grande e definisce la forma della società odierna consumistica dove tutto è prodotto in serie, tutto ha il fine di avere uno scopo prestabilito in una posizione prestabilita includendo anche le persone che, in questo caso, quasi non si distinguono dagli oggetti inanimati.

La sensazione che viene data è di claustrofobia e di impossibilità di uscire da una realtà tutta uguale e che non dà niente di vero, proprio come quella che ha il narratore ogni volta che si alza la mattina per andare a dare il suo contributo al sistema come ogni altro essere umano.

Un’altra immagine dove è chiaro questo concetto è la seguente, dove si notano anche i colori più tendenti al blu dando una sensazione di torpore per farsi immedesimare nel narratore, che presenta appunto problemi di insonnia e quindi vive in uno stato a metà via tra il sonno e la veglia. L’insonnia del protagonista riflette la condizione esistenziale del consumatore: vivo ma incapace di distinguersi sviluppando iniziative che veramente gli appartengono; rimanendo quindi svegli in quanto vivi ma dormienti in quanto sempre fermi dove sono stati messi.

Quella dell’ordine è la prima realtà presentata dal film, dove regna la staticità e la soppressione dell’individualità per dare spazio alla moltitudine organizzata; un mondo freddo e claustrofobico da cui sembra essere impossibile fuggire o anche solo voler effettivamente fuggire.

LA REALTÀ DI TYLER

Alle scene precedenti, dove gli occhi sono quelli del narratore, si contrappongono le scene dove Tyler ha la dominanza, contraddistinte da uno stile del tutto diverso.

I colori sono caldi e culminano negli indumenti rossi di Tyler (come nel caso riportato sopra), le immagini non sono ben definite e presentano una certa sgranatura. Ci sono poche linee definite e le persone non sono disposte secondo un ordine preciso; lo sfondo è scuro e non sono presenti oggetti oltre alle persone dato che qui sono loro che contano e portano tutti vestiti diversi per contraddistinguere ognuno di loro.

L’unico elemento che definisce uno schema è la tubatura grigia di sfondo che pone gli spettatori sotto Tyler dimostrando la sua supremazia nel gruppo.

Questa scena per la sua natura rappresenta il caos, la ribellione e l’anticonformismo che contrasta l’ordine della società dove vive il narratore. Infatti il senso stesso della lotta è opposto a quello del comfort della società consumistica; fatta di piccoli contentini che portano a una comodità sempre maggiore nella ricerca di una completezza che non arriva mai.

Un’ altra scena dove è possibile notare questi particolari è la seguente.

“when the fight was over, nothing was solved, but nothing mattered”

In quest’ultima si nota un aspetto importante che differenzia le scene di caos da quelle di ordine, ovvero la bassa definizione dei movimenti che vengono quindi messi in rilievo dando una sensazione di irrequietezza e vitalità.

Il ghiaccio statico dell’ordine della società si contrappone al fuoco continuamente in movimento del caos all’interno del Fight Club, dove niente segue regole convenzionali e la stessa vita e morte non hanno importanza.

Il senso delle scene nel club è quindi controverso e difficile da definire, dato che è di libertà ma anche di pericolo, emozione per la rottura della noia ma anche imprevedibilità di ciò che potrebbe succedere nella lotta, come fosse una fuga verso l’ignoto.

Il significato del club infatti si addice perfettamente alle composizioni delle scene dato che le persone si iscrivono e combattono proprio per scappare dalla opprimente e soffocante realtà del narratore.

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