Anche lo sport, che ora è una valvola di sfogo e di divertimento, in passato oltre a questo è stato motivo di persecuzione e scommesse.

di Gaya Panini

Le discriminazioni non risparmiarono nemmeno lo sport.

A tutti gli atleti non ariani (ebrei, rom e sinti) fu vietato di prendere parte ad associazioni e manifestazioni sportive: su di loro calò un velo nero affinché i nazisti potessero far notare al resto del mondo quanto fosse “superiore la razza ariana”.

Un’oscura menzogna che fu la luce del salto di un afroamericano a smascherare: James Cleveland Owens, detto Jesse, volò a oltre otto metri in una specialità che lo consacrò nella storia dello sport e nella Storia, quella con la “S” maiuscola: il salto in lungo. In quei Giochi del 1936 Jesse vinse ben quattro medaglie d’oro facendo scendere al secondo posto Luz Long, uno dei migliori atleti tedeschi. E proprio lui si congratulò con il vincitore.

Anche in Italia le persecuzioni dilagarono portando il loro terribile messaggio di violenza. Tutto iniziò con una campagna antisemita che coinvolse ebrei e sportivi di ogni categoria.

Nel 1938 le leggi razziali fasciste diedero vita a provvedimenti antiebraici: a loro vennero tolti tutti i beni, venne negata la possibilità di prendere parte a qualunque associazione anche sportiva, venne schiacciata la dignità e, infine, spezzata la libertà.

Alcuni atleti furono umiliati nel corpo e nello spirito: all’interno dei lager divennero marionette per far divertire le folle naziste mentre i membri delle SS scommettevano su di loro.

Ricordiamo la storia del calciatore e poi allenatore Arpad Weisz: allenò l’Inter fino alla vittoria dello scudetto. Arpad fu deportato nel campo di concentramento ad Auschwitz: un luogo dell’orrore dove la morte lo trovò e lo travolse.

Renato Sacerdoti, fondatore della Roma, durante l’occupazione si rifugiò in un convento e sopravvisse celandosi alla minaccia xenofoba.

Giorgio Ascarelli, imprenditore e presidente della squadra di calcio napoletana, commissionò negli anni Trenta il “Vesuvio” o “Stadio partenopeo”: una struttura che venne distrutta dai bombardamenti.

Cambiando sport troviamo il ciclista e dirigente sportivo Gino Bartali, o “Ginetaccio”, che vinse svariati titoli, tra cui tre Giri d’Italia e due Tour de France. Si distinse salvando uomini, donne e bambini dalle persecuzioni e per questo si aggiudicò il titolo di Giusto fra le Nazioni.

Infine, Gino Ravenna ginnasta olimpionico: fu deportato nei campi di concentramento che ne piegarono il corpo ma non la memoria. Fatti atroci che il solo ricordo dovrebbe spalancare i cancelli del rifiuto ad ogni razzismo, disparità e disuguaglianza.

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