Da qualche giorno, è rimbalzata la notizia del rilancio della ferrovia Mantova-Peschiera, che sarà percorsa da treni a idrogeno. Scopriamo insieme il funzionamento di questi veicoli a zero emissioni.

di Matteo Tezza

I treni ad idrogeno rappresentano una valida soluzione contro l’inquinamento e diversi Paesi hanno scelto da tempo di adottare questa opzione: l’Inghilterra, la Germania e, di recente, anche l’Italia.

La scorsa estate, la Lombardia ha stanziato 80 milioni di euro per TreNord – società di cui la Regione è proprietaria – per l’acquisto di sei veicoli a idrogeno da impiegare sulla tratta Brescia-Iseo-Edolo.

Si definisce “a idrogeno” quel treno il cui motore principale (od anche uno degli ausiliari) è alimentato da questo gas.

L’importante innovazione è stata introdotta dalla CSR (China South Rail Transportation): si tratta di un tram a idrogeno. Il primo vero e proprio treno, invece, è stato annunciato dalla casa costruttrice Alstom. Questi veicoli funzionano grazie a pile a combustibile (duel cell), il cui meccanismo è noto da più di un secolo, ma solo di recente hanno iniziato ad essere utilizzate nel trasporto ferroviario.

L’idea risale al 1801 e la paternità è attribuita al fisico Humpry Davy.  L’invenzione della prima dual cell si deve, tuttavia, a William Robert Groove, che nel 1839 ne ha avviato la sperimentazione avvalendosi di elettrodi porosi di platino e acido solforico in soluzione come elettrolita (una sostanza che allo stato fuso o, appunto, in soluzione suddivide i propri ioni permettendo, così, il passaggio di corrente). L’elettrolita, reagisce con una miscela di ossigeno (O2) e idrogeno (H2), i quali producono elettricità e rilasciano come prodotto di scarto semplice acqua.

Sfortunatamente, l’esperimento di Groove non ha prodotto energia in misura significativa ed è stato ritenuto insignificante sotto il profilo pratico.

Negli anni seguenti, sono stati fatti altri tentativi e la svolta si è avuta grazie a Francis Thomas Bacon, che ha optato per l’impiego del nichel al posto del platino poroso e ha rimpiazzato l’acido solforico con un elettrolita alcalino meno corrosivo. Nel 1959 viene prodotta una pila da 5KW, detta, appunto, Bacon Cell, per alimentare un saldatore.

È proprio quest’ultima a gettare le basi per le pile a combustione alcalina che saranno utilizzate nelle diverse missioni lunari Apollo.

Il funzionamento delle pile a combustione è così riassumibile: l’idrogeno fa da anodo, mentre l’ossigeno fa da catodo; l’idrogeno passa attraverso la soluzione alcalina, perde degli ioni (H2→2H+ + 2e) e reagisce con l’ossigeno (O2+4H++4e→2H2O); al termine della reazione, rimangono due molecole d’acqua e gli ioni di scarto scorrono nel carico producendo, infine, elettricità.

Esistono vari tipi di pile a combustione, ma, di certo, la cosa più importante è che non inquinano in alcun modo.

Sui treni il meccanismo non cambia: un serbatoio di idrogeno è collocato sul tetto della motrice. L’elemento va nella dual cell, dove reagisce con l’ossigeno per poi produrre corrente elettrica. Quest’ultima sarà in parte immagazzinata in una batteria, mentre l’energia rimanente servirà a spostare il treno.

La velocità eguaglia quella di un normale treno alimentato a diesel, ma ci sono anche altri vantaggi: la ricarica del serbatorio avviene in meno di 20 minuti; il convoglio, che è silenzioso quanto un qualsiasi veicolo a trazione elettrica, può muoversi per più di 18 ore consecutive senza necessità di fermarsi per fare il pieno; inoltre, non è necessario apportare modifiche alla linea ferroviaria.

Viene da chiedersi se sia davvero tutto rose e fiori.

Non sembra proprio: in Germania sono emerse criticità legate sia ai software che alla pompa di iniezione, Anche se i problemi non sono derivati solo da fattori meccanici.

Per valutare se l’adozione dell’Italia sia stata felice occorre tenere in conto anche questi fattori, dal momento che, dei sei treni inizialmente consegnati alla Germania, cinque hanno avuto guasti tali da renderli inutilizzabili. Un altro elemento decisivo è rappresentato dall’aspetto economico, perché, oltre al prezzo degli stessi veicoli, che può ammontare a diversi milioni di euro, va presa in considerazione anche la costruzione dei generatori di idrogeno, che hanno un costo altrettanto ingente.

E non è neppure scontato affermare che l’idrogeno sarà prodotto con metodi green

P.S. Non sono stati feriti chimici durante la scrittura di questo articolo, non possiamo garantirne la sopravvivenza dopo la lettura.

Di Matteo Tezza

Curioso come non mai, sono sempre in mezzo a qualcosa, infatti vengo chiamato prezzemolo

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