Due album, una recensione

Di Matteo Tezza

Nel panorama hip hop italiano il 26 ottobre scorso sono usciti due album musicali: uno non è stato minimamente all’altezza delle aspettative dei fan, l’altro ha stupito e dimostrato la vera caratura dell’artista.

Partiamo subito dalla delusione: Villa ha pubblicato l’album “Villabanks”, che contiene 24 tracce di cui 18 inedite. A mio parere, Villa in questo progetto è stato una delusione assoluta, anche se ha collaborato con una serie di produttori di alto livello: Andry The Hitmaker, JVLI, AVA, Sala e il magistrale Bassi Maestro.

Le sonorità sono tutte simili tra loro, tranne rare eccezioni, e non riesce a distaccarsi dai ritmi latino-americani (in particolare il reggeaton). Questa ripetitività si estende anche ai temi, sì, Villa, abbiamo capito che ti fai di funghetti e che hai tante donne, ma oltre a questo? 

Anche se i temi erano ridondanti, le lingue non lo erano affatto.  Il nostro caro Vieri, da buon poliglotta, ha deciso di deliziarci delle sue esperienze a letto in italiano (ovviamente), francese (l’avrei apprezzata di più se fosse rimasta drill invece che ritornare al solito), spagnolo e infine inglese.

I feat sono molti e ne ho apprezzati diversi. Ad esempio Shiva l’ho trovato un po’ sotto tono ma ha retto comunque la collaborazione, Paky è calmo, ma meraviglioso e arriva persino a reggere da solo la canzone; Niko Pandetta che interpreta se stesso, Blevarai avrebbe potuto fare di meglio, secondo me, se il pezzo non fosse uno shakerando uscito un po’ troppo tardi. E ancora, Niky Savage che non ha detto nulla di memorabile.

Per concludere l’album, Guè e Bello Figo assieme a Villa ci regalano un trio inaspettato, che ha disintegrato per bene il Red Bull Posse e infine una Ele A che è stata in grado assieme a Bassi di riportare Villa sulla diritta via, con un pezzo meraviglioso.

Questi tre o quattro pezzi, che ho apprezzato, non sono però in grado di far decollare un album che aveva tanto potenziale… potenziale che è stato tutto sprecato.

Contemporaneamente nello stesso giorno è uscito anche un altro album.

Sto parlando di Taxi B che con “Zolfo” ha dimostrato di non essere semplicemente colui che urla nei feat degli altri. L’album offre 17 tracce, di cui 14 inedite.

Zolfo sin dall’inizio ci fa capire il tono che Taxi ha voluto dargli: è un album che non ha paura di sperimentare e di mostrare le influenze provenienti da altri generi, come ad esempio il brano visibilmente e totalmente punk dal titolo “Sex Pistol”, prima traccia dell’album, per poi proseguire la sperimentazione con altre tracce.

Le collaborazioni sono solamente due, una è con lo storico amico Sapobully, l’altro è con il Dj nostrano Rooler, famoso più all’estero che in Italia. Il primo pezzo con Rooler è al limite tra la trap e l’EDM.  In un’altra traccia assieme al Dj scrive un pezzo Hardcore.

Il rapper in questo album non ha voluto solo urlare, ma ha voluto dimostrarci che sa anche fare altro, e bene, come in “Don’t cry” un pezzo in cui si apre al ritmo di un buono e classico rap old school.

Concludendo “Zolfo” è un album di pregievolissima fattura, non adatto a tutti, ma che non punta ad esserlo.

Al contrario “Villabanks” ha cercato di dare sonorità solitamente apprezzate al pubblico, senza cercare una propria identità, ponendo a noi ascoltatori il dubbio se Villabanks oltre che al sesso abbia altro da offrire.

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