La Giornata della Memoria, istituita nel 2005 dall’ONU, serve a ricordare e condannare la shoah, ma è proprio durante questa giornata contro la violenza e la discriminazione che vengono compiuti ancora moltissimi atti vandalici, spesso di stampo antisemita.

di Zanoni Janiss

Con la commemorazione non si vogliono solo ricordare le vittime dei campi di concentramento e sterminio, ma anche ricordare che il pericolo di discriminazioni e violenze ai danni di alcune categorie di persone è sempre presente. La speranza è quella che un giorno, per ora ancora molto lontano,  l’umanità impari dai suoi errori e metta in atto ovunque i principi sanciti dalla Dichiarazione universale dei diritti umani dell’ONU.

Le violenze compiute dal regime nazista non si limitarono ai campi di concentramento; tra i crimini di guerra compiuti, troviamo gli eccidi e i rastrellamenti dei partigiani da parte delle SS tedesche, durante le loro rappresaglie, e la deportazione dei soldati del regio esercito, che non si schierarono con Mussolini dopo la costituzione della Repubblica di Salò. A morire furono anche le famiglie dei partigiani e chi era accusato di averli aiutati o protetti; nemmeno i bambini furono risparmiati, come ben ci ricorda la strage di Sant’Anna di Stazzema.

Nonostante si continui a ricordare la disumanità di tali azioni, molte persone continuano a utilizzare simboli nazifascisti, spesso con superficialità, come se non si rendessero conto del dolore che questi regimi dittatoriali e razzisti hanno inferto a milioni di persone. Altre persone usano questi simboli con consapevolezza e convinzione. Indipendentemente dalle motivazioni, questi gesti restano significativamente deplorevoli, perché in entrambi i casi, anche se in modi differenti, ignorano il passato e la storia, ma soprattutto la sofferenza umana di chi fu vittima di atti così estremamente crudeli.

Tali atti di vandalismo non avvengono solo durante la Giornata della Memoria, ma anche durante il resto dell’anno. Non c’è bisogno di guardare lontano dalla realtà della nostra scuola, il Fermi, per capire che quello che succede è un vero problema anche oggi. Durante l’ultimo giorno di scuola dell’anno scolastico scorso, una folla di studenti ha inneggiato al duce, che firmò le leggi razziali contro gli ebrei nel 1938, e non è difficile trovare sulle pareti, sui banchi o sulle sedie, simboli o frasi riconducibili al nazismo o al fascismo.

Proprio perché ancora c’è chi non comprende il peso e la gravità di questi drammatici eventi storici, è doveroso continuare a ricordare attraverso giornate che si riempiono di testimonianze, di documentari, di incontri sull’argomento. L’unico modo per riuscire a non ripetere gli stessi errori è cercare di appropriarsi delle singole storie di chi visse sulla propria pelle questo dramma, raccontandole in modo che arrivino al cuore e allo stomaco delle persone, passando per l’empatia e restituendo a ciascuno di noi la nostra umanità.

 

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