Mentre il diritto della donna all’aborto in moltissimi paesi del mondo non è ancora riconosciuto, la Francia compie un passo epocale. 

di Janiss Zanoni

È passato un anno da quando il presidente della Francia ha annunciato la volontà di introdurre il diritto all’interruzione volontaria di gravidanza all’interno della costituzione e, dopo numerosi dibattiti, il 4 marzo l’obiettivo è stato raggiunto con 780 voti favorevoli e 72 contrari. 

Il movente che ha acceso il dibattito politico sulla questione è stata la revoca della sentenza Roe v. Wade negli Stati Uniti nel 2022, che concede ad ogni stato americano la libertà di scelta arbitraria sull’aborto. 

La riforma francese ha animato fortemente l’opposizione conservatrice, che si è immediatamente mobilitata protestando e rivendicando gli ideali anti-abortisti che considerano il diritto all’aborto la negazione del diritto alla vita. Si tratta comunque di una minoranza, dato che, secondo le stime, l’80% della popolazione francese si è detta favorevole alla modifica. L’opposizione ha fatto leva sul fatto che i medici risulterebbero costretti ad agire contro i loro principi morali, ma la modifica costituzionale non lede il diritto, riconosciuto dall’articolo 194 della Costituzione, di esercitare la propria obiezione di coscienza. 

Poiché le leggi costituzionali prevedono un processo abrogativo molto più complesso di quello riservato alle leggi ordinarie, concretamente il diritto all’aborto in Francia è ora protetto e difficilmente cancellabile. Da questo si evince come la Francia sia interessata a tutelare i diritti della donna in maniera permanente, con l’obiettivo di rendere più semplice il superamento delle difficoltà che ostacolano il processo abortivo. 

Anche in altri paesi il diritto all’interruzione di gravidanza è riconosciuto, ma non ci sono tutele a sufficienza per garantire che venga esercitato in ogni caso. Basta prendere in esame il caso dell’Italia, dove il tasso di obiezione di coscienza è elevatissimo e trovare medici disposti a praticarlo è notoriamente difficile, soprattutto al Sud. Si stima che gli obiettori di coscienza tra i medici siano uno su tre e più della metà tra i ginecologi. 

In Italia urge un programma scolastico che preveda l’insegnamento dell’educazione sessuale, per informare i più giovani sui rischi, le contraccezioni e i rimedi; ma sarebbero necessari anche percorsi formativi per coloro che lavorano nell’ambito. 

Quello che è successo in Francia, pioniera nella sua decisione, ha riacceso il dibattito pubblico in molte parti del mondo. Si spera che altri paesi seguano le sue orme. 

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