“Mi porta sempre più in alto, forse il paradiso?”
di Giada Tinè


Corriamo più vivi che mai su una collina sperduta ai margini della città. Laggiù, la gente non sa.
Corriamo, coi vestiti sudati e le gambe doloranti. Non ci fermiamo, nonostante forse i suoi genitori si stiano chiedendo dove si trovi, ma lei non sembra preoccuparsene, mentre i suoi piedi si rincorrono su un prato lontanissimo dal suo nido, seguiti dai miei.
I capelli le si spargono disordinati sulla fronte e le coprono il viso pieno di risate, e lei se li sposta con le sue dita affusolate, riportando le sue labbra di peonia alla luce. Poi si gira, allunga la mano senza un filo di smalto e si appropria della mia. La sua pelle è la mia casa, penso.
Mi porta sempre più in alto, forse al paradiso?
Non sembra che questi siano i miei colli, gli stessi che fanno da sfondo alla mia vita di sempre: oggi sono nostri, solo nostri.
Il tappeto di foglie a terra sembra fare il tifo per noi mentre seguo la sua sagoma sempre più scura tra i fitti tronchi. Sta arrivando la sera, l’aria è più fredda e sento l’odore dei pini farsi sempre più pungente. Non voglio che arrivi la luna, la luna me la porterà via…
Arriviamo in cima e mi lascia la mano.
Ci affacciamo sulla città piatta, illuminata dagli ultimi fievoli sprazzi di luce.
Come faccio a dirglielo, che se potessi le regalerei un tesoro più grande di tutto ciò che sta ammirando incantata?
Non ci voglio tornare, laggiù, penso; voglio restare qua, a fissarle le labbra.
Si gira con un passo di danza e poi si siede, la lunga gonna a quadri che le copre le ginocchia. Giocherella con un sasso, mentre il sole si congeda e lascia spazio ad un blu senza stelle.
Mi accovaccio accanto a lei e sento la sua primavera pervadere ogni angolo del mio corpo. I nostri sguardi si incrociano per un momento; mi sorride, e le appaiono due fossette alle estremità della bocca. Poi appoggia la testa sulla mia camicia sgualcita e io le pongo una mano sui capelli mielati.
Siamo solo noi due. Laggiù, la gente non sa…

Fisso il vuoto per un attimo.
Era lei, sì, era esattamente lei, con la sua gonna, il suo profumo, le sue guance rosse, il suo respiro. L’ho avuta tutta per me.
Nella debole luce della luna solitaria, con gli occhi che mi bruciano un tantino, provo a immaginare lei nel suo lontanissimo nido, con le ciglia chiuse, e quali possano essere i suoi sogni d’oro…

Illustrazione di Giada Tinè

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