A un mese dal termine, un’analisi critica dei momenti salienti di Coppa d’Africa e Coppa d’Asia.

di Hajar Qacem e Giovanni Sassi Buttasi

La Coppa d’Africa è uno degli eventi sportivi più attesi nel continente africano: le nazionali si sfidano per conquistare il prestigioso trofeo e i giocatori spesso sfruttano questo palcoscenico per denunciare ingiustizie, violenze e guerre.  Quest’anno la competizione è stata segnata da tensioni senza precedenti: i calciatori di varie squadre hanno protestato pubblicamente contro l’attuale conflitto in Palestina e contro la violazione dei Diritti Umani.

Le emozioni sono un ingrediente fondamentale per servire al tavolo del calcio uno spettacolo capace di veicolare messaggi. Quando i giocatori del Congo sono entrati in campo prima della partita contro la Costa d’Avorio, nessuno poteva immaginare la sorpresa che stavano per riservare al pubblico.

I giocatori della Repubblica Democratica del Congo hanno espresso grande solidarietà al loro popolo: hanno protestato contro i nefasti eventi che si stanno abbattendo attualmente nell’est del Paese. Tutti giocatori, compreso l’allenatore Sébastien Desabre, hanno tenuto la mano destra davanti alla bocca e due dita puntate alle tempie durante la prima parte del proprio inno nazionale. Non solo: nel match di mercoledì i calciatori congolesi hanno giocato con una fascia nera al braccio, simbolo di lutto.

Cosa sta succedendo in Congo?

Il Congo orientale è teatro di violenti scontri tra l’esercito congolese e il gruppo ribelle M23, mentre i cittadini sono stati costretti a fuggire rifugiandosi nella città di Goma.

Più di centoventi gruppi combattono per mettere le mani sul potere e sulle preziose risorse minerarie del Paese, mentre altri cercano di difendere le loro comunità. Numerose fazioni armate, per un lungo periodo, hanno condotto campagne di violenza nella regione: su queste milizie pende l’accusa di atti atroci, tra uccisioni e massacri. 

Gli attacchi hanno causato la morte di molte persone e la diffusione di caos mentre la paura serpeggia tra la popolazione. La provocazione dei giocatori congolesi ha sensibilizzato il pubblico e i media presenti all’evento sportivo evidenziando come la sicurezza nel loro paese sia instabile e come, in queste circostanze, non possano ottenere buone prestazioni nel torneo.

 Il messaggio ha voluto denunciare la violenza e il terrorismo, chiedendo contemporaneamente giustizia e sicurezza per tutti. Impellente è la necessità di proteggere i diritti umani e di mantenere gli atleti al sicuro in tutto il mondo.

Lo sport, ancora una volta, ha dato vita al desiderio di lanciare un messaggio forte di pace e giustizia.

Coppa d’Asia: l’Arabia Saudita di Mancini si ferma agli ottavi.

A differenza della Coppa d’Africa, la Coppa d’Asia non è stata segnata da un evento particolare. Per questo gli argomenti principali sono stati più ordinari, mantenendosi all’interno della sfera calcistica.

Sarebbe interessante dare un occhio al cammino dell’ex ct azzurro Roberto Mancini, uscito dai radar italiani lo scorso agosto dopo aver firmato un contratto da 25 milioni netti all’anno fino al 2027 con la nazionale dell’Arabia Saudita. 

Il sogno asiatico del coach originario di Jesi s’infrange agli ottavi dopo l’eliminazione ai rigori contro la Corea del Sud. L’ex allenatore dell’Inter e del Manchester City ha avuto a disposizione un mese con la nazionale saudita per imprimere il gioco che, per esempio, permise all’Italia di vincere il suo secondo europeo: evidentemente un tempo non sufficiente per il salto di livello necessario a concretizzare sogni di gloria.

L’Arabia Saudita, che esce sconfitta dalla sfida tenutasi in Cina, ha messo in campo una prestazione senza dubbio non brillante ma sufficiente a mettere in difficoltà la rappresentanza sud-coreana: la sua rete per il pareggio è arrivata al nono minuto di recupero dei tempi regolamentari.

La prima frazione di gioco non ha visto particolari occasioni, salvo una doppia traversa da parte dei sauditi al 41′ minuto. Tuttavia, non si può dire la stessa cosa per il secondo tempo, dove l’Arabia Saudita ha impiegato meno di un minuto a trovare il gol del vantaggio, con il subentrato Radif. Da quel momento però è partito l’assedio alla porta saudita da parte dei coreani, alla disperata ricerca del gol del pareggio: le occasioni non sono mancate con il portiere Al-Kassar miracoloso nello sventare pericoli. Al termine dei tempi regolamentari, le speranze sudcoreane sono state rinvigorite dai dieci minuti di recupero concessi dall’arbitro uzbeko Tantashev, alla fine dei quali Cho Gue Sung ha trovato una rete rocambolesca che ha permesso alla Corea di prolungare la partita ai tempi supplementari. Anche nei successivi trenta minuti le occasioni, da ambo le parti, non sono mancate. Ma saranno i calci di rigore a decidere la partita. Le squadre si riuniscono e si abbracciano, si danno forza e si preparano al tiro dagli undici metri. A difendere la rete saudita il già menzionato Al-Kassar, mentre a quella Coreana pensa Kim Seung-Gyu. Il duello dal dischetto ha sorriso ai coreani, infallibili al tiro. Sono stati determinanti gli errori di Al-Najei e Ghareeb che hanno consentito ai ragazzi di Klinsmann di proseguire il proprio cammino nella Coppa. Il tiro dagli undici metri resta un tabù per coach Mancini che, dopo il rigore timido di Jorginho valsa la qualificazione ai mondiali, si vede eliminato dalla Coppa deludendo molte aspettative. Ci sono state diverse polemiche durante i tiri dal dischetto: la prima, e forse la più rilevante, è stata scatenata dal primo rigore sbagliato dell’Arabia che, secondo Mancini e il suo entourage, andava ripetuto in seguito ad un movimento irregolare sulla linea di porta da parte del portiere. L’allenatore italiano, furente, ha lasciato la panchina nel mezzo dei calci dagli undici metri, dirigendosi verso il tunnel degli spogliatoi. Non sono mancate le polemiche, alle quali Mancini ha risposto scusandosi e dichiarando che pensava che il match fosse già finito.

L’avventura asiatica di Roberto Mancini non è iniziata nel migliore dei modi, ma il ct ha ancora tanto lavoro davanti a sé e ha sicuramente la possibilità di prendersi le sue rivincite.

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