Lungo 92 cm, largo 50 e spesso 22, il Codex gigas (dal latino, “libro gigante”) è il manoscritto medievale più grande mai trovato che nasconde i più oscuri segreti del misticismo medioevale.
di Matteo Tezza
Lungo 92 cm, largo 50 e spesso 22, il Codex gigas (dal latino, “libro gigante”) è il manoscritto medievale più grande mai trovato: l’opera ha il peso di ben 74.8Kg. Si compone di copertine di legno ricoperte in cuoio con protezioni e accessori metallici decorati di diversa tipologia; all’interno, ogni pergamena è ricavata da pelle di asino o vitello.
A prescindere dal lato estetico, sul quale si tornerà più tardi, è interessante soffermarsi sul contenuto di questo imponente scritto. Infatti, oltre che per le sue dimensioni, l’opera è nota per ciò che contiene: ci si riferisce, nello specifico, ad un’illustrazione di 50cm che rappresenta il Diavolo. Questo disegno è valso ad assegnare al testo l’appellativo di Bibbia del Diavolo.
Il Codex gigas si compone di 320 pagine, per la cui produzione sono stati necessari più di 150 pelli di animali.
La prima metà del testo è occupata dal Vecchio e dal Nuovo Testamento: alcune pagine recano iniziali decorate che occupano circa un quarto di pagina e rappresentano i quattro evangelisti.
Seguono una sezione dedicata alla storia ebraica (dalle origini al 66d.c.), intitolata “Antichità degli ebrei” e una in cui si racconta la prima guerra giudaica (66-70 d. C.): entrambi i testi sono tratti dalle opere di Giuseppe Flavio, scrittore e storico ebraico con cittadinanza romana, cui è dedicata una delle sparute illustrazioni del manoscritto.
Nella terza sezione, trovano spazio le Etimologie di Isidoro di Siviglia, una delle “enciclopedie” più consultate nel Medioevo: redatta tra il 560 e il 636 d. C., essa contiene la storia del mondo antico in cui sono riportate, tra le numerose informazioni, anche nozioni di grammatica e alcune leggi di geometria.
La quarta sezione è dedicata alla medicina e qui sono stati inseriti i trattati più importanti del periodo nel campo della diagnostica.
La quinta sezione comprende la Chronica Boëmorum ovvero la storia di Boemia, opera del precursore della storiografia ceca, lo scrittore Cosma Praghese.
Poche pagine prima della raffigurazione del diavolo, si legge la confessione dei peccati di un uomo di chiesa (è bene ricordare, a tal proposito, che nel Medioevo la lista delle colpe commesse era lunghissima, avendo essa il fine di indurre i lettori a non commetterne): la particolarità di questa confessione è data dal fatto che è scritta con caratteri grandi il doppio rispetto a quelli usati nel resto del testo.
Non è tutto: sono presenti anche un calendario con gli onomastici del giorno e un necrologio che ricorda ben1529 persone.
Ciò che stupisce tanti lettori è la lunga lista di magie finalizzate alla guarigione e altrettanti incantesimi tesi a scacciare il male.
Sfortunatamente, non è possibile ricostruire il contenuto integrale del Codex, dal momento che 10 delle 320 pergamene che formano il manoscritto sono state rimosse per motivi a noi sconosciuti.
La Bibbia del Diavolo non deve il suo nome solo all’ illustrazione che lo raffigura, ma fa riferimento ad una leggenda: nel Medioevo erano note, infatti, le vicende di un monaco benedettino chiamato Norman il recluso, condannato ad essere murato vivo per avere infranto i voti. Pare che, per evitare l’atroce fine, egli avesse promesso ai confratelli di scrivere in una sola notte un’opera monumentale comprendente tutto lo scibile umano: in tal modo, avrebbe evitato il supplizio. Tuttavia, giunta la mezzanotte, Norman si era reso conto che non gli sarebbe stato possibile portare a termine il lavoro: si era messo, pertanto, a invocare il Diavolo, che, in cambio della sua anima, aveva accolto la sua supplica. Per ringraziarlo, Norman gli aveva, infine, dedicato un ritratto.
Questa leggenda ha suscitato molti dubbi sulla paternità dell’opera: impossibile, infatti, verificare se il Codex Gigas sia stato effettivamente scritto da una o più mani e, soprattutto, in quanto tempo.
Gli indizi che propenderebbero per un solo autore sono diversi, primo tra tutti la presenza di una sola calligrafia. Quello che, tuttavia, stupisce gli storici è la mancanza di errori ortografici: per scrivere un manoscritto di quella portata, sono necessari più di vent’anni, senza contare le illustrazioni e le lettere decorate per la cui realizzazione occorrevano parecchi giorni. La prova che l’autore sia uno è, tuttavia, supportata da uno studio dell’inchiostro utilizzato: una sola tipologia per tutto il manoscritto.
L’illustrazione del diavolo trova posto nel foglio 290, ma ci sono anche altri disegni che meritano considerazione: particolarmente interessante è quello che raffigura due sfere che rappresentano, rispettivamente, il paradiso e la terra ad indicare la genesi di tutto.
Il Diavolo è raffigurato come un essere a metà tra l’uomo e la bestia: possiede braccia e gambe con proporzioni umane; mani e piedi hanno quattro artigli; il viso è verde e ricoperto di squame, sovrastato da due corna rosse come gli artigli; la lingua biforcuta è fuori dalla bocca. È, inoltre, nudo: l’unica cosa che indossa è un perizoma bianco a puntini rossi, che si presume essere di pelle di ermellino, simbolo della regalità e della sovranità. Rappresenta, pertanto, il “principe dell’oscurità”.
Contrariamente a tutte le illustrazioni dello stesso periodo, il diavolo non è collocato negli inferi. Inoltre, nella pagina a fianco è presente la contrapposizione ideale di Satana, la Gerusalemme Celeste, che simboleggia speranza e salvezza.