Intervista a Emanuele Colorni, presidente della comunità Ebraica di Mantova.

di Matteo Tezza

Ho incontrato Emanuele nella sinagoga Norsa di Mantova, sinagoga eretta nel ghetto cittadino nel 1702, per essere in seguito demolita  e ricostruita in via Govi, dove ha sede tuttora.

Gli ho posto varie domande, di fronte alle quali si è dimostrato desideroso di rispondere. Mi hanno colpito la sua immensa gentilezza e la sua grande disponibilità.

Pensa che la Giornata della Memoria venga ancora percepita come nel momento in cui fu istituita?

Col passare degli anni la giornata viene vissuta con sempre meno partecipazione, viene vista come un rito, la gente ricorda ma sempre con meno spontaneità, perdendo l’emozione.

Nei primi anni il giorno della Memoria era veramente una data in cui si sentiva un bisogno di raccontare quello che era stato; oggi la maggior parte lo fa perché si sente in dovere di ricordare, perché è una giornata istituita per legge. Non si può continuare a tenere un giorno per legge, la memoria deve essere una cosa spontanea, imporla diventa una cosa noiosa, fastidiosa. Non credo che la Giornata della Memoria abbia un gran futuro, bisogna fare in modo che tutti i giorni ci sia questa memoria, non solo il 27 di Gennaio, anche se è difficile da realizzare.

Le sono mai capitati episodi di antisemitismo?

No, personalmente no, per fortuna; ho tuttavia sempre percepito una sensazione di ignoranza verso gli ebrei, osservati con uno sguardo di differenza, come di diversità, senza però che questi sguardi sfociassero mai in atteggiamenti ostili. Anche tuttora molta gente non comprende che gli ebrei sono come tutti gli altri; cerchiamo di far capire che l’unica cosa di differente che abbiamo è la religione, cosa che non è sufficiente a guardare in modo diverso o con disprezzo un ebreo. L’antisemitismo di oggi è dovuto dall’ignoranza, per cui si è visti con sospetto.

Perché, secondo Lei, ci sono ancora movimenti antisemiti?

Oggi c’è anche dell’antisemitismo dovuto dalla situazione politica tra lo stato di Israele e lo stato palestinese; le scelte dello stato israeliano vengono imputate a tutti gli ebrei. Anch’io, spesso, da cittadino italiano mi ritrovo in disaccordo con gli atteggiamenti e le azioni dello stato israeliano verso i Palestinesi. Oggi c’è un antisemitismo politico, diverso da quello religioso del passato. Ebreo non vuol dire israeliano, ma a volte viene fatta questa confusione.

Cosa pensa dovremmo fare al giorno d’oggi perché la shoah non venga percepita solo come un evento storico ormai lontano ma un dramma di cui dobbiamo fare memoria?

Bisogna ascoltare ciò che viene detto dai testimoni e si deve anche studiare. Si devono vedere le testimonianze giunte fino a noi, dedicare del tempo alla lettura di libri sull’argomento, leggere e studiare per capire che ciò che è stato raccontato è realmente accaduto. Bisogna capire i motivi per cui la Shoah è avvenuta. 

Se dovesse suggerire ai ragazzi un percorso della memoria della Shoah a Mantova, quali luoghi suggerirebbe di visitare?

Le pietre dell’inciampo sono dei piccoli monumenti, non invasivi, che non prendono spazio. È un piccolo messaggio che viene dato per chi cammina, per chi passa; è un modo che trovo molto intelligente. Alcune persone notandole sono incuriosite, la pietra è un inciampo della mente, che ti ferma e aiuta a farsi coinvolgere di più.

Grazie, volentieri. Lo propongo alla Redazione.


Ci parli allora della comunità ebraica mantovana, una delle più antiche d’Italia.

Gli Ebrei si affacciarono a Mantova all’inizio del 1300, nel periodo esatto in cui i Gonzaga diventarono i signori della città. Questo fa sì che la storia ebraica vada in parallelo con quella dei Gonzaga: difatti essi hanno sempre mantenuto dei rapporti abbastanza buoni con la comunità ebraica. A Mantova nel 1600/1700 c’erano circa 2500 abitanti di religione ebraica, cioè l’8% della popolazione.

Quali attività svolge ancora la comunità ebraica mantovana e come funziona? Quanti ebrei frequentano ancora la sinagoga mantovana? 

La comunità adesso è ridotta ai minimi termini, siamo rimasti in pochissimi, circa una cinquantina; purtroppo non abbiamo più un rabbino, i pochi giovani che sono rimasti sono ormai lontani dall’ebraismo, poco legati alla religione ebraica.

La comunità fa quel che può, ma non avendo più persone che frequentano – i giovani non partecipano e gli anziani non sempre possono partecipare – è difficile. Molti si sono spostati da Mantova per ragioni di lavoro. La comunità biologicamente si estinguerà, con giovani che si sposano sempre meno con persone della stessa fede.

Un grazie di cuore a Emanuele Colorni per averci concesso quest’intervista e un saluto alla piccola comunità ebraica dalla Redazione del MyFermi in questa settimana di memoria. 

Di Matteo Tezza

Curioso come non mai, sono sempre in mezzo a qualcosa, infatti vengo chiamato prezzemolo

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