È tardi e il foglio è strappato.

di Martina Bonali

Devo iniziare. Devo iniziare da qualche parte. 
Io ci penso, e ripenso, ma se continuo così mi scoppia la mente! 

Sono ancora qua, sospiro nel vuoto, 
seguita dal solito cigolio del tetto in legno. 

Voglio scrivere qualcosa, e senza rima non mi piace. 
Ma se ci metto la rima, rischia di suonare troppo forzato, un po’ audace. 
Provo di nuovo, inutile a dirsi: sono ancora qui, a lamentarmi. 
Sto combattendo contro un muro invisibile, 
ma è difficile spiegare agli altri perché me ne sto seduta 
al posto di andare avanti. 

Ne butto giù un’altra, magari mi aiuta. 
Aiuterebbe più una parola, un abbraccio, 
ma siamo in tempi di carestia, non tutti hanno lo spazio. 
E poi posso capirlo, fa un po’ paura, 
stare vicino a qualcuno che a volte non ragiona. 
Io mi scuso per questo, ma non so controllarlo. 
Il cervello in blackout per quel che sembra un tempo eterno. 

Nel frattempo scollego le reti, i cavi, 
ma la testa, stanca, calcola male i suoi piani: 
anche quando mi sveglio dal buio più oscuro, 
non vedo nulla, sospiro nel vuoto.
Questa volta, però, è un sospiro pesante, faticoso. 
Ne prendo un’altra, ma questa è l’ultima, giuro.

Che cosa siamo noi umani se non fragili pagine? 
Ognuno racconta un mito, un destino, 
ma se viene strappato si cancella l’inchiostro nero. 
Solo allora ti accorgi del miracolo 
che ogni singola pagina portava con sé, ma è andato perso. 
È tardi, ormai, io ho perso la strada, il percorso.

O meglio, questo muro invisibile non mi ha mai fatto iniziare. 
Ma ora sono stanca. Gli occhi si chiudono. La penna cade. 

Ho finito, qualcosa ho fatto.

Sospiro nel vuoto. 

Adesso finalmente è il vuoto vero,
quello che rimane, cela il mistero. 
Il mistero dietro quel foglio bianco strappato, 
che era una vita, 
ma l’inchiostro ormai è cancellato.

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