“Un fiore per ricordare, un pensiero per cambiare”

di Giacomo Terzi

Negli ultimi giorni un evento tragico ha scosso la nostra comunità e l’intera città di Mantova: la morte di un giovane di 18 anni, travolto da un treno. Un gesto definitivo, che ha lasciato dietro di sé dolore, interrogativi e un silenzio assordante, colmato solo dall’omaggio dei suoi compagni, che hanno portato fiori nel luogo dove si è consumato il dramma. 

Il ragazzo, frequentante l’ultimo anno di scuola superiore, era noto per la sua sensibilità e per un sorriso spesso celato dietro un velo di malinconia. Tra i corridoi della scuola, come spesso accade, forse pochi hanno compreso fino in fondo il peso che portava. Emergono ora riflessioni su alcune possibili cause, tra cui il bullismo e un profondo disagio legato alla sua identità. 

La prevaricazione dei coetanei

Il bullismo rimane una piaga diffusa e silenziosa nelle scuole. Sguardi, battute e atteggiamenti di esclusione possono segnare profondamente chi ne è vittima. Anche un commento all’apparenza banale può diventare un macigno per chi vive già una situazione di fragilità emotiva. Non è chiaro quanto il giovane sia stato esposto a simili situazioni, ma quanto accaduto è un’occasione per fermarci e riflettere sul modo in cui trattiamo gli altri. 

In classe, negli spogliatoi, sui social media, il bullismo può manifestarsi in forme più o meno evidenti. Tuttavia, le sue conseguenze non conoscono confini, penetrando nella mente e nel cuore di chi lo subisce. Questo episodio ci insegna che non possiamo più ignorare i segnali di disagio che ci circondano. 

La disforia di genere

Un’altra possibile chiave di lettura è quella della disforia di genere, una condizione che riguarda chi non si identifica con il genere “assegnato” alla nascita. Questa esperienza può essere accompagnata da un senso di isolamento e discriminazione, soprattutto in ambienti dove il dialogo su queste tematiche è ancora un tabù. 

Se il giovane stava attraversando un percorso di accettazione della propria identità, è fondamentale capire quanto la società e la scuola siano state pronte a sostenerlo. Spesso, mancano strumenti per offrire supporto psicologico adeguato, e chi vive una disforia di genere si trova a combattere non solo contro se stesso, ma anche contro pregiudizi e stereotipi. 

“Sentirsi uomo o donna a prescindere dal proprio sesso biologico non è una malattia mentale, a causare problemi di salute mentale alle persone con disforia di genere sono invece la discriminazione e lo stigma sociale.” A. M.

Di fronte a questa tragedia, è urgente chiederci cosa possiamo fare per prevenire situazioni simili. La risposta non è semplice, ma passa per un maggiore impegno nel creare un ambiente scolastico inclusivo e rispettoso.

La morte di questo giovane non deve essere vana. Deve spingerci a riflettere sul nostro ruolo nella vita degli altri. Ogni piccolo gesto di gentilezza, ogni parola di supporto, può fare la differenza per chi sta attraversando un momento difficile. 

Come comunità scolastica, abbiamo il dovere di vigilare, ascoltare e intervenire. Non possiamo cambiare il passato, ma possiamo plasmare il presente, per costruire un futuro più attento e rispettoso. Perché dietro ogni volto c’è una storia, e ogni storia merita rispetto, ascolto e comprensione. 

“Non essere vittima di bullismo in silenzio. Non permettere che facciano di te una vittima. Non accettare la definizione di nessuno sulla tua vita, definisci te stesso.” H. F.

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