di Chiara Cofone
Cari maturandi,
siamo in dirittura d’arrivo del nostro percorso di studi e anche quest’anno ci attende l’esame di maturità, quel grande ostacolo o traguardo – a seconda del punto di vista dal quale lo si guarda – di molti studenti… tra cui la sottoscritta.
Questo appuntamento è spesso riassumibile in un binomio: maturità=ansia.
La domanda è: “Dovrebbe essere davvero così preoccupante?”. La risposta breve è no, la risposta argomentata ve la fornirò qui di seguito.
Come maturanda dell’istituto E. Fermi di Mantova, la mia curiosità si è subito accesa non appena mi è giunta voce che nel nostro istituto la psicologa che gestisce lo sportello di ascolto nella nostra scuola, la dottoressa Valeria Savasi, avrebbe dato vita a un mini corso per l’acquisizione di tecniche di rilassamento e di gestione dello stress in vista della maturità. Oltre ad iscrivermi, incuriosita, le ho chiesto un colloquio per parlare della sua iniziativa.
Ecco cosa mi ha raccontato.
L’attività si svolge in piccoli gruppi: questa modalità di lavoro offre infatti la possibilità di condividere sensazioni comuni, in cui risaltano e si intrecciano i vissuti di ogni singola persona. In questo modo si genera un conforto collettivo: il gruppo dà sostegno al singolo partendo dalla condivisione della medesima esperienza e dunque dalla capacità di comprendere il vissuto dell’altro e ritrovando nell’altro il proprio.
L’obiettivo del percorso è far emergere le proprie esperienze, le proprie emozioni e i propri pensieri, spesso irrazionali, legati alla maturità, fornendo un approccio esperienziale e conoscitivo del proprio corpo. Durante il corso, infatti, vengono illustrate alcune tecniche di rilassamento che si avvicinano alla “mindfulness”, ovvero una tecnica di meditazione volta a portare l’attenzione verso il momento presente, per tornare sempre, nonostante il divagare della mente, al qui ed ora, abbassando così la nostra “energia di attivazione”, ovvero l’agitazione provocata dall’ansia.
La nostra mente è divisibile in mente emotiva, mente saggia e mente razionale.
Individuarle e riconoscerle nel momento in cui agiscono dentro di noi, significa far convivere i poli opposti, quello razionale e quello emotivo, nel modo migliore possibile e senza che nessuno dei due prevalga. Se la paura più grande è che la mente emotiva prenda il sopravvento e ci distragga o ci blocchi, non è combattendola e negandola che la superiamo; la nostra mente emotiva va compresa, ascoltata e accettata. L’obbiettivo è riconoscere ciò che sentiamo. L’arma più efficace in questo contesto è la consapevolezza. È necessario normalizzare le nostre emozioni, imparare a gestirle, anche se questo processo non è facile e immediato.
Un altro esercizio utile è quello legato all’origine del pensiero intrusivo, dell’emozione che ci invade improvvisamente. Anziché cercare di modificare il pensiero o l’emozione negativa, bisogna pensare a loro come a nuvole, che passano e dunque che non ci influenzano. Come sono arrivate a noi, hanno modo di andarsene, perché alla fine sono solo nuvole. Riuscire a lasciare in silenzio la mente emotiva è il traguardo da raggiungere quando il resto non funziona.
Dunque, riassumendo, il percorso proposto dalla psicologa dell’istituto si fonda su parole chiave:
- confronto: condivido ciò che sento, mi do la possibilità di sfogarmi e ne parlo cosicché io possa sentirne meno il peso emotivo;
- ascolto: inizio a conoscere e riconoscere quale mente è attiva, cosa sto provando e mi metto in ascolto del mio corpo e di cosa vuole dirmi, senza farmi trascinare via da ciò che sento;
- normalizzazione: sento, quindi vivo, è normale ciò che provo, non sono malato;
- presente: mi ricordo e mi concentro su chi sono, dove sono e chi voglio essere adesso, non prima o dopo, tutto ciò che deve interessarmi è il qui e ora;
- leggerezza: quando non posso agire sulla mia attivazione, ricalibro l’importanza che do ai miei pensieri e li guardo in modo più razionale e distaccato.
La psicologa suggerisce anche un ultimo termine: priorità. Divido l’urgenza dall’importanza. La maturità è importante in modo singolare per ognuno di noi e in quanto tale dobbiamo dedicarle tempo, giorno per giorno. Non possiamo cioè ridurci all’ultimo per prepararla, facendola diventare un’urgenza, perché allora non avremo modo di agire significativamente sull’ansia e minimizzare la preoccupazione. Il concetto è ben descritto da questa immagine mostratami dalla dottoressa.
Cari maturandi, che ne pensate?
Certo non esiste una ricetta universale. Ognuno di noi è diverso ed è proprio per questo che è necessario ascoltarsi. Ma bisogna anche imparare a relativizzare: bisogna cioè smettere di vedere questo come l’evento della vita, perché dopo ne seguiranno tanti altri, che forse allo stesso modo o in modo maggiore sembreranno insormontabili. Calibrare le proprie visioni, fare un respiro profondo in più e ricordare che la maturità non è un problema ma un modo di stare in un determinato posto in un preciso momento della propria vita è la strada giusta da percorrere. E ricordatevi che si tratta di un’esperienza collettiva, dunque non siamo soli!
Voglio lasciarvi infine due frasi che la dottoressa ci ha donato in occasione del nostro ultimo incontro.
Credendo in ogni maturando che mi leggerà, vi abbraccio e vi auguro il meglio.
Ad maiora!
Chiara