di Davide Sassu
L’atto della trasgressione ha un grande significato, e racconta senz’altro di una situazione di disagio sociale e dell’impossibilità (almeno apparente) di risolverla con altri mezzi; ma è davvero un mezzo funzionale a risolvere problemi e trasmettere messaggi? È possibile esprimersi attraverso gesti di trasgressione? Nella storia abbiamo moltissimi esempi di lotte portate avanti in questo modo, ed è utile ricordarne alcune per comprendere a fondo il potere della trasgressione.
Tra le grandi lotte sociali portate avanti nell’ultimo secolo e mezzo quella che ha avuto un impatto maggiore sulla società e sulla memoria collettiva è stata quella delle suffragette, cioè le donne che si battevano per il suffragio femminile; in realtà nonostante la condivisione di un obiettivo comune, i vari movimenti che vanno sotto il nome di suffragette portavano avanti la loro lotta in maniera diversa e talvolta contrastante. Per esempio nel Regno Unito, paese nel quale – assieme agli Stati Uniti – le suffragette sono state più attive, il WSPU (Women’s Social and Political Union) si divise sulla scelta di trasgredire danneggiando proprietà. Nel 1912 le suffragette inglesi del WSPU cominciarono a distruggere vetri di finestre e automobili appartenenti a persone considerate nemiche della loro causa (spesso politici dell’epoca), ma alcune esponenti del movimento credevano che gesti di questo calibro non avrebbero fatto altro che allontanare ulteriormente l’opinione pubblica dalla loro causa.
Non è stata la prima né l’ultima volta che si è dibattuto su quale sia la strada da prendere nel lottare per una causa. Anche oggi se chi sostiene l’approccio trasgressivo teme che cortei e manifestazioni non siano abbastanza per essere presi sul serio e che sia necessario compiere gesti che non possono essere ignorati, dall’altra parte si teme invece che azioni di aperta trasgressione e ostilità portino solo ad alienare l’opinione pubblica dalla causa.
L’esempio più lampante di come la trasgressione abbia portato la popolazione ad allontanarsi da chi lottava per loro è il maggio francese, parte del più ampio movimento del Sessantotto. Studenti e operai occuparono università, teatri e fabbriche. Venne indetto il più grande sciopero della storia recente francese, che paralizzò il paese per settimane: fu un momento di fibrillazione culturale e politica per la Francia, in cui si protestò contro la società consumistica e tradizionalista e contro il governo del generale De Gaulle, oltre che per ottenere maggiori diritti e maggiore autonomia nel campo del lavoro. Eppure, la protesta non si trascinò dietro la parte di popolazione che sosteneva di supportare, i.e. la fascia più bassa, e alle elezioni indette poco dopo il partito guidato da De Gaulle ottenne una schiacciante vittoria, supportato dalla maggioranza silenziosa di persone che non credevano in quel genere di lotta.
Al contrario, esempi di trasgressione che hanno portato risultati non mancano, come la lotta di Gandhi per l’indipendenza indiana o quella portata avanti negli Stati Uniti per la fine delle segregazioni razziali. La nostra generazione oggi si interroga su quale sia l’approccio da tenere per la lotta più importante della nostra epoca: quella al cambiamento climatico. Dovremmo limitarci a cortei e manifestazioni, o ciò non basta ad attirare l’attenzione? Gli attivisti del collettivo “Ultima Generazione” si sono resi protagonisti di azioni di trasgressione nonviolenta come il lancio di vernice lavabile su opere d’arte, senza l’intento di danneggiarle ma solo di attirare l’attenzione, eppure sono stati criticati anche da persone che condividono la loro causa, perché timorose che azioni di questo tipo possano solo essere controproducenti, in quanto rischiano di passare per atti di vandalismo fine a sé stesso e coprire il messaggio che si vuole mandare. Vista l’attualità del problema, noi del MyFermi in questa settimana vogliamo farvi riflettere proprio su ciò: quando trasgredire è dire?