Giovedì 26/01 sono state pubblicate le nuove procedure per l’esame di maturità individuate dal Ministero dell’Istruzione e Merito. È il sesto cambiamento in sei anni. Cosa ne pensano gli studenti?

di Pietro Casari

Con Decreto Ministeriale n. 11 del 25 gennaio 2023 per il sesto anno scolastico consecutivo sono state rese note le ormai annuali modifiche all’esame di maturità. In sintesi possiamo dire che l’esame è tornato ad essere com’era prima della situazione COVID: ricompare l’esame scritto diviso in due prove, una di italiano e una di una materia di indirizzo di istituto, seguite dall’esame orale interdisciplinare a partire da uno spunto della commissione, comprendente uno spazio di discussione sul percorso di cittadinanza e sul PCTO. La commissione sarà composta da commissari esterni ed interni.

Per capire meglio cosa ne pensano gli studenti, MyFermi ha lanciato un sondaggio tra i frequentanti il V anno dell’istituto, di cui vi riportiamo i dati.

Organizzazioni studentesche e PCTO

All’annuncio del Ministero sono seguite diverse critiche, provenienti perlopiù da associazioni e organizzazioni studentesche. Le scelte ministeriali, secondo i critici, non sarebbero utili a proporre una nuova idea di scuola, anzi sarebbero “un ritorno al passato”, un esame che non tiene conto delle recenti richieste presentate da diverse realtà studentesche al ministro Valditara e nemmeno della situazione COVID, che ha colpito profondamente anche gli attuali studenti di quinta, come pensa anche l’82% dei ragazzi che hanno partecipato al nostro sondaggio.

La presenza, durante il colloquio orale, di una sintesi del percorso del PCTO non è gradita sia per le polemiche e i problemi che si sono presentati relativi alla sicurezza nei luoghi deputati all’alternanza scuola-lavoro sia per l’organizzazione e la struttura dello stesso PCTO, che non sempre si è dimostrato davvero formativo.

Cosa ne pensano gli studenti della nostra scuola?

La maggior parte degli studenti che ha partecipato al sondaggio ritiene l’attuale proposta di esame “antiquata”.

“Il giudizio non dovrebbe essere espresso con un voto, ma con una spiegazione allo studente di quali possano essere le sue lacune”.

“È necessario verificare non solo quali conoscenze siano state assimilate durante gli anni, ma anche il percorso intra ed extra-scolastico, che solo docenti interni possono conoscere e comprendere al meglio”.

In molti (oltre il 53,6%) ritengono poi che non sia corretto essere valutati da docenti esterni.

Una minoranza (3,6%) non vede particolari problemi all’interno della nuova proposta ministeriale e anzi ritiene che sia il momento di reagire e lasciare da parte gli strascichi della pandemia. Secondo questi l’esame è l’occasione da sfruttare per mostrare l’abilità, maturata proprio a causa delle restrizioni in fase pandemica, di sapersi misurare con situazioni di disagio e con la complessità, mostrando un approccio e una capacità di adattamento alle esigenze poste dal mondo del lavoro.

C’è poi chi è più radicale. Il 50% di chi ha risposto pensa che l’esame di stato andrebbe rivoluzionato o addirittura eliminato e chi pensa che il percorso di studi che si affronta sui cinque anni debba preparare meglio all’esame, senza che l’ultimo periodo diventi “una corsa contro il tempo”.

Qualunque sia la propria opinione, è chiaro che diverse problematiche, che si manifestano ogni anno in conseguenza al decreto ministeriale sugli esami, nascondono fragilità e crisi più strutturali del sistema scolastico italiano. L’annuale cambiamento della prova dimostra assenza di progettualità a lungo termine; i costanti cambiamenti di governo nel nostro paese non favoriscono una costruzione solida e super partes di un nuovo sistema scolastico, di cui invece sempre di più si avverte la necessità.

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