Fa discutere la scelta della Nuova Zelanda di vietare l’acquisto del tabacco a vita ai nati dal 2008 in poi.

Di Pietro Casari e Giacomo D’Agostino


Quella varata dal governo neo-zelandese è una delle leggi più dure al mondo contro il fumo. Da quest’anno, tutti i ragazzi con meno di quattordici anni di età non potranno più acquistare o fumare tabacco per il resto della loro vita. La disposizione non è ancora entrata in vigore, ma poco manca prima che sia legge effettiva. L’obiettivo del governo neozelandese è quello di ridurre la percentuale di fumatori, arrivando entro quattro anni ad una quantità inferiore al 5%.

Ma è lecito violare in questo modo la libertà di una persona, di non permettere di fumare e acquistare il tabacco, nemmeno in contesto privato? Possiamo veramente parlare di violazione della libertà o invece dobbiamo parlare di aiuto esterno per evitare dipendenza e malattie? Parliamo di progresso o regresso?

Partiamo dall’ultima domanda. Sul vocabolario Treccani il “progresso” in senso assoluto è definito come “lo sviluppo verso forme di vita più elevate e più complesse, perseguito attraverso l’avanzamento della cultura, delle conoscenze scientifiche e tecnologiche, […] al fine di procurare all’umanità un miglioramento generale del tenore di vita, e un grado maggiore di liberazione dai disagi”.

L’attuale governo neozelandese dovrebbe effettivamente essere alla ricerca di questo tipo di sviluppo, per un motivo prettamente politico: la maggioranza appartiene al partito laburista, storicamente meno conservatore e più progressista. La stessa premier Jacinda Ardern si è autodefinita progressista all’inizio del proprio mandato. Dobbiamo quindi pensare, per quanto ci si possa fidare delle parole dei politici ai giorni nostri, che il tentativo del governo neozelandese sia quello di portare ad una forma di progresso il proprio paese, quello che nella descrizione del vocabolario è definito come lo sviluppo che ha come fine il miglioramento del tenore di vita, perché questa legge la vita la salverà a molte persone.

Eh sì, perché ogni anno in Nuova Zelanda vengono registrati circa 5000 casi di tumori, legati al o in conseguenza del fumo. Non solo. Sempre in Nuova Zelanda circa il 12% della popolazione sopra i 15 anni fuma e i casi di tabagismo si alzano drasticamente nella popolazione maori, raggiungendo il 29% fra i maschi e il 30% fra le donne.

Le leggi anti-tabacco si sono rivelate spesso efficaci. Negli USA cinquanta anni di leggi antifumo hanno salvato la vita a circa 8 milioni di persone, come dimostra uno studio condotto dall’Università di Yale. La nostra Italia, che è stata un’apripista per l’UE nella lotta contro il fumo, ha registrato dal 2003 (anno di introduzione della legge Sirchia) al 2012 una diminuzione di circa il 7% di fumatori e un calo del 65% dell’esposizione al fumo passivo. A Roma poi, secondo uno studio condotto nel 2008, la percentuale di infarti giovanili è diminuita dell’11%. Insomma, le leggi antitabacco, dati alla mano, hanno un effetto sicuramente positivo. In più, una legge drastica come quella neozelandese, che prevede anche una notevole riduzione di punti vendita autorizzati alla vendita di tabacco e una riduzione del livello di nicotina nelle sigarette, non può far altro che accelerare i tempi nel progetto di salvaguardia della salute collettiva.

Come dimenticare, poi, che questa legge sicuramente avrà un risvolto positivo anche in tema di inquinamento ambientale. Quanti mozziconi di sigarette troviamo ogni giorno vicino ai marciapiedi, per strada, dall’impatto ambientale rilevante? Lo stesso fumo delle sigarette è inquinante: pensate che secondo uno studio condotto dall’Istituto Tumori Italiano, una sigaretta accesa per 8 minuti inquina più di un motore diesel, rilasciando nell’atmosfera non solo anidride carbonica, ma anche sostanze chimiche compositive della sigaretta. Senza contare che l’impatto indiretto provocato dalle sigarette è spaventoso: centinaia di migliaia di ettari di terreno, per far spazio alle piantagioni di tabacco, subiscono deforestazione e sfruttamento che causano il cambiamento degli ecosistemi, erosione del terreno, inquinamento delle falde acquifere e aumento di CO2 in atmosfera.

Sono tante le ragioni per cui una riduzione o un completo stop del fenomeno tabagista è auspicabile, ma dobbiamo tenere in considerazione diverse conseguenze che potrebbero risultare problematiche.

Prima di tutto, ragionando in modo pragmatico, le prime conseguenze negative di questa legge, già analizzate anche a livello mediatico e politico, sono il probabile aumento del mercato nero del tabacco e il peso economico che causerà un pesante crollo dei guadagni ricavati dalla vendita di tabacco. In più, il partito liberista di destra ACT, principale oppositore di questa legge, ha affermato che la diminuzione del livello di nicotina all’interno di sigari e sigarette, punto fondamentale di questa legge, potrebbe danneggiare i fumatori dai redditi più bassi, che dovranno acquistare più sigarette per raggiungere la stessa dose di nicotina assunta in precedenza.

Sul piano etico, poi, ritorna quella domanda che ci eravamo posti inizialmente: è giusto violare la libertà delle persone? Mentre nel nostro paese si sta da mesi parlando di legalizzazione della Cannabis, che porterebbe a una maggiore assunzione di responsabilità del singolo rispetto al suo stile di vita, e alla cancellazione di diversi pregiudizi, almeno a livello istituzionale e quindi anche

ad una maggiore libertà per tutti i cittadini, il divieto al fumo in Nuova Zelanda si muove nella direzione opposta.

Il governo neozelandese ha risposto prontamente alle critiche, dichiarando che verranno imposti numerosi controlli per non permettere al mercato nero di guadagnare da questa situazione. Inoltre, rispondendo alle critiche riguardo la diminuzione della quantità di nicotina, il ministro della salute Verral ha detto che abbassare la quantità di nicotina aiuta a smettere di fumare, come alcuni studi hanno dimostrato. Ma a livello etico rimangono ancora molti dubbi.

Pur essendo, questa legge, stata pensata per la salvaguardia della salute dei cittadini, rimane il grande dubbio della sua correttezza sul piano dei diritti personali, che invece, in una società che è sempre preoccupata (almeno a livello mediatico) a garantire i diritti di tutti, può essere visto come un passo indietro. Forse questa legge poteva essere meno dura e fare da apripista ad un percorso più moderato, fatto di educazione e piccoli esempi capaci di dimostrare ai cittadini che il fumo è sempre sbagliato, senza andare a ledere la libertà di nessuno.

Il quesito resta aperto: a quale libertà dobbiamo dare priorità? A quella di un governo di proteggere i suoi cittadini o a quella dell’individuo di operare scelte per sé, anche se lesive della sua persona? La Nuova Zelanda ha scelto. Altri stati la seguiranno?

Foto di copertina: Jessica Ticollezzi

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