di Emma Malavasi

La fretta è costante, è di routine, ma nessuno fa davvero qualcosa per fermarla o per evitare di conviverci. 

Ormai sembra far parte dello stile di vita di un italiano medio: alzarsi, essere di fretta, andare al bar, rovesciare il caffè a causa della fretta, arrivare al lavoro con 2 minuti di ritardo e lavorare con una pressione che ti preme verso il pavimento, come Atlante che porta il cielo sulle sue spalle.

Se davvero ci fosse qualcuno di calmo all’interno di un bar nell’ora di punta mattutina, cosa vedrebbe? 

Penso a un’orda di persone che cammina in massa come un unico insieme cellulare che reclama e, come ogni mattina, il cosiddetto “solito” al barista, che giustamente guarda i singoli con un’espressione confusa.

Neanche il barista ha il tempo di fermarsi e pensare a quale tipo di caffè desidera il suo cliente, non ha il tempo materiale, deve smaltire tutte le persone che si sono fiondate a capofitto sul bancone, in attesa del loro ordine, e che imprecano già alle otto di mattina, pensando di non fare in tempo a fumare la loro sigaretta prima di entrare in ufficio, ormai nel vortice di questa tempistica. 

Finiti quei 15 minuti di boom sociale pre-lavorativo, si pensa che la giornata possa iniziare veramente.

Ormai il sonno e la stanchezza hanno fatto a botte con l’adrenalina e hanno perso 0-5, quindi se ne sono andati facendosene una ragione, e di certo non ritorneranno, al massimo un eventuale abbiocco nella pausa pranzo, che poi passerà, per forza, altrimenti nessuno arriverà a fine giornata. 

Commento dalla professoressa C.M.

Emma sa ascoltare e guardare. Ed ha posato l’attenzione su una di quelle malattie che affligge la nostra società. Malattia, a dire il vero, subdola e dotata di somma furbizia, poiché riesce a spacciarsi per la “virtù moderna” dell’“Efficienza”. 

Quando invece, e spesso, ciò che davvero è efficace è ciò che si nutre della CALMA e della PAZIENZA.

Emma ha osservato volti e ne ha colto le espressioni, spesso alienate e spasmodiche, calandole in una specifica visione dello spettro sociale, quello di ognuno di noi che inizia “con un caffè” la propria giornata.  

Mi piace pensare che una ragazza, che appartiene alla generazione della “fibra” e dei “Giga”, ponga l’attenzione sulla frenesia e la fretta, che invadono ed avvelenano i giorni di molti di noi. 

Emma ci porta a riflettere sul valore della calma, dello scorrere quieto del tempo; su quell’OTIUM necessario e vitale, (o Scholè, in greco), grazie al quale le menti, più pensanti e fascinose della nostra cultura classica, sono riuscite a dare forza alle Idee, ai Progetti, alla Verità.                                               

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