Con l’aiuto di due attivisti, capiamo come il DDL sicurezza sia la punta dell’iceberg di un processo già avviato che mette su carta e trasfigura in legge una volontà politica populista, illiberale e autoritaria.
Di Andrea Bizzarri
Abbiamo avuto il piacere di intervistare Claudio Morselli e Caterina di Francesco, chiedendo una loro opinione sul disegno di legge e sulla situazione italiana per quanto riguarda la libertà di espressione.
Il primo è attualmente responsabile del Movimento Nonviolento di Mantova e coordinatore di Mantova per la pace. In passato ha avuto una vita politica molto attiva, facendo anche parte del PCI, ma dopo l’esperienza deludente in partito si è dato all’associazionismo. Anche Caterina fa parte di Mantova per la pace, e in passato ha fatto parte di Amnesty International, Greenpeace e di Rifondazione Comunista, essendo interessata alla questione economica del modello capitalista.
Prima di sentire la loro opinione riguardo al DDL, riteniamo opportuno ricordare qui il diciannovesimo articolo della Dichiarazione universale dei diritti umani, sul quale non crediamo di dover dare ulteriori delucidazioni in quanto si spiega già ottimamente da sé.
“Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere”
Non c’è necessità alcuna di avere ulteriori delucidazioni a riguardo.
Quello che ora è da esplicare è perché il DDL sia un bell’assestato rovescio in risposta a questo diritto. In particolare, potrebbe porre le basi per annientarlo, proibendo l’occupazione, le proteste contro le grandi opere, in carcere e nei CPR, inasprendo le pene e aggiungendo nuovi reati.
Anche se, in verità, esso non è da intendere come un meteorite che è arrivato dall’alto delle seggiole parlamentari, ma come una naturale evoluzione del clima che già si stava creando. È sufficiente analizzare alcuni dei tantissimi avvenimenti anticostituzionali di quest’anno: gli studenti picchiati dalla polizia e i giornalisti portati in questura a Pisa e i contro-cortei antifascisti soppressi a Bologna. A questi si può aggiungere anche un esempio locale: la ragazza di Animali Politici di Mantova, anche lei portata in questura semplicemente per esser stata immobile con uno striscione.
Lo spirito del disegno è chiaro: “tutti coloro che dissentono sono nemici da reprimere”. Ciò è estremamente preoccupante visto che viviamo in uno stato democratico. Ci stiamo avviando verso uno stato di polizia, le cui parole d’ordine sono controllo e repressione.
Come poter pensare diversamente se lo stesso sottosegretario del ministero della giustizia, Andrea Delmastro, ha detto, dopo gli avvenimenti accaduti al carcere Beccaria: “Lo stato è più forte dell’antistato”. Sono parole fortissime figlie di un’idea di galera un po’ datata di sapore fascista, che paragonano i ragazzi detenuti ai terroristi e alle brigate rosse, condannandoli e annichilendo così ogni tentativo di dialogo.
Restando sulla questioni delle carceri, il DDL sembra non tenere conto della loro situazione attuale. Sono sovraffollate, con dodicimila detenuti in più rispetto al limite previsto sul territorio nazionale, sporche, e in molti casi senza acqua calda a riscaldamento. Non si tiene da conto il principio costituzionale che spiega lo scopo di esse: riabilitare, certamente non punire e far soffrire. E se una figura così politicamente importante, per di più del ministero della giustizia, condanna i tentativi di farsi ascoltare dei detenuti che vengono trattati come pezze, allora è seriamente necessario rivedere il quadro politico del nostro paese.
Oltre alle carceri, un altro aspetto su cui il disegno di legge andrebbe ad impattare è quello dell’immigrazione, in particolare per quanto riguarda i CPR, ovvero i centri di permanenza per il rimpatrio. Anche qui si inaspriscono le pene, si aggiungono nuovi reati, e si limitano ancora di più le libertà degli immigrati, andando ad aggravare le loro già pessime condizioni. C’è da aspettarsi quindi che si generino situazioni ingestibili e violente. Non si va verso l’integrazione e l’inclusione, ma verso un allarmismo nei confronti dell’invasione.
Questo perché è comodo per i politici, della destra in questo caso, avere una categoria di persone su cui gettare il fango ed infervorare gli elettori con l’odio, originato dal populismo dei loro idoli. Oltre a ciò, avere a disposizione manodopera a basso costo nelle campagne, specialmente in quelle del mezzogiorno è facile perché i più sfortunati non si sindacalizzano, sono facilmente sfruttabili e manipolabili a farli lavorare in nero, senza tutela, in condizioni disumane e con paghe da fame.
È da far notare come anche per i non italiani che dovrebbero essere integrati la vita non sia facile. Nelle città esistono veri e propri ghetti (ufficiosi ma non ufficiali), quartieri popolati da persone con un retroscena meno fortunato e che vivono in condizioni molto meno agiate dal resto dei cittadini. Si creano quindi zone pericolose e da evitare. Il problema è che non si cerca di analizzare le cause per aiutare queste realtà, ma ci si limita a ghettizzare quelle parti delle città.
La volontà politica è quella di creare una società rancorosa e dedita all’incattivimento delle persone verso le altre. Il motto “divide et impera” viene applicato alla lettera per creare contrapposizione nette fra le persone. Si gioca tutto sulla paura dell’altro e del diverso. Questa manipolazione da parte dello stato e dei mass media, porta ad un nichilismo delle persone, che da un lato alimentano la sfiducia nella politica, e dell’altro portano gli italiani ad una chiusura “in casa”, metaforicamente e non. Per notare l’aspetto manipolatorio in questa situazione, basta vedere il nome dato al disegno di legge: sicurezza. Chiaro tentativo di mascherare la volontà repressiva proclamando di farlo “in nome della sicurezza”.
Un altro sintomo di questa volontà si può identificare in quella che viene chiamata “polarizzazione del dialogo sociale”. Il dialogo, che per il grande filosofo Bauman è fondamentale per la nostra società moderna, viene annientato. Al giorno d’oggi si pensa in o bianco o in nero, e si etichettano le persone come se nulla fosse (dando del comunista o del fascista gratuitamente).
Si sta sgretolando il sano confronto interpersonale, non si cerca di trovare un punto d’incontro, ma solamente di attaccare l’altro, anche sul piano personale ed emotivo.
Un esempio recente è il video di Salvini dove chiama “zecche rosse” le persone che fanno parte dei centri sociali. Un personaggio politico di così alto rilievo che, oltre ad etichettare, insulta pure è un chiaro segnale della tossicità della politica del mondo moderno.
In conclusione, il DDL è l’espressione fisiologica di tutto un clima che si è andato a creare in questi mesi e anni. Uno scenario preoccupante per la libertà dei cittadini e per la tutela delle minoranze, degli italiani non medi e non solo, per chiunque abbia il coraggio di non accontentarsi.