Durante la lotta per il Suffragio Universale in Inghilterra il periodo fu pieno di violenza ingiustificata contro le donne

Di Matteo Tezza

Tutto iniziò il 10 ottobre 1903 a Manchester con Emmeline Pankhurst, le figlie Christabel, Sylvia, Adela e altre tre donne che fondarono la “Women’s Social and Political Union” (Wspu). Il movimento politico si pose l’obbiettivo di smuovere l’Inghilterra e ottenere il suffragio tramite la potente frase “Deeds Not Words” (Fatti Non Parole).

Iniziò tutto con proteste, totalmente pacifiche, ma non ci furono solo contestazioni: vennero organizzati vari eventi di beneficenza e venne pubblicato settimanalmente il giornale “The suffragette”.

I mancati risultati però spinsero le donne della Wspu ad azioni più incisive: erano decise ad agitare le acque, a spezzare le catene dell’indifferenza e a navigare verso l’uguaglianza.
Iniziarono ad esserci incontri per programmare azioni forti di disobbedienza come rompere vetrine o danneggiare proprietà private. Con il passare del tempo il fenomeno dilagó divenendo sempre più grande. Il mare agitato divenne una vera e propria burrasca difficile da arginare e che obbligò il governo inglese a intervenire.
Ci furono arresti: non solo le donne che danneggiavano le proprietà ma anche quelle che protestavano pacificamente. Arresti durante il quale le donne venivano picchiate, placcate e maltrattate inutilmente.
Atti intimidatori che non fermarono le attiviste dal battersi per i loro diritti.

Nel 1908 venne indetta una parata nominata la “Women’s Sunday” che portò più di trecento mila persone, tra donne e uomini, a protestare: il London Hyde park fu sommerso da un fiume di circa trenta mila persone.
Il Governo inglese rispose con un pugno di ferro sempre più stretto: gli arresti continuarono con più forza e decisione.

Poi, nel 1909, inizió lo sciopero della fame nelle prigioni: Marion Wallace Dunlop venne arrestata per aver danneggiato una proprietà. Una volta imprigionata Marion iniziò un digiuno volontario per non essere stata definita “prigioniera politica”. Dopo 91 ore senza viveri venne rilasciata dalla polizia per paura che morisse. Da qui scaturì un nuovo metodo di protesta, non violento. Ma i digiuni delle donne conobbero la risposta cruenta del governo inglese: l’alimentazione forzata. Le donne venivano obbligate a mangiare con una pratica non lontana dalla tortura. Le manifestanti venivano immobilizzate e costrette a ingerire cibo da un tubo collegato a un imbuto contenente una brodaglia di latte, uova e altri alimenti liquidi.
Questa forzatura era dannosa, causava spesso denti rotti, vomito, sanguinamento e soffocamento con liquidi che,in alcuni casi, finivano nei polmoni. La resistenza delle suffragette venne premiata: una volta uscite si vedevano ricevere una medaglia d’argento dalle compagne con inciso il periodo di digiuno.
Nel 1913 il Governo, temendo di creare martiri, introdusse la legge “del gatto e del topo”: le donne che facevano lo sciopero della fame venivano rilasciate in libertà vigilata, fino a che non riprendevano le forze o venivano viste in eventi riconducibili alla Wspu. Con questa mossa e le precedenti (tra cui la soppressione della stampa sull’argomento) era chiaro che il movimento era diventato un problema per il Governo inglese.

Il movimento stava ottendo sempre più seguito, ma questo non diminui la violenza psicologica imposta dalla società del tempo, le donne che venivano riconosciute come suffragette venivano spesso cacciate dal lavoro, in alcune situazioni buttare fuori di casa senza avere più occasione di vedere i figli. La custodia era esclusivamente del padre.
Le donne inoltre venivano ostracizzate, con i quartieri e le persone da loro popolate che non parlavano più con loro.
I risultati tardavano ad arrivare.

Non rimaneva che convincere direttamente Re Giorgio V. Il giorno prescelto fu quello del derby (1913): durante la corsa dei cavalli, ci fu un evento tragico. La suffragetta Emily Davidson morì. Emily si era lanciata sul tracciato percorso da cavalli e fantini nel tentavo di appendere su uno degli animali una pezza per diffondere il messaggio della Wspu. Sfortunatamente la donna venne falciata accidentalmente e morì sul colpo.

Colipiti dal drammatico evento, il Re e la Regina si interessarono dell’accaduto, dimostrando però disappunto. La Regina arrivò a descrivere Emily come una donna lunatica e terribile.
Ma nemmeno questo giudizio negativo fermó il movimento: al funerale di Emily parteciparono cinquanta mila persone.
Ormai il Wspu aveva sempre più seguaci. Nel marzo 1914 una donna entró in una galleria d’arte e prese a coltellate la Venere Rokeby in nome del Suffragio Universale.
Qualche mese dopo scoppiò la guerra, ma il movimento non si fermò. Con il termine del conflitto mondiale le suffragette incarcerate vennero liberate assieme ai prigionieri di guerra.

Nel 1918 le donne ottennero il Diritto al Voto, dopo anni di proteste. Nel 1925 ottennero quello di custiodia sui figli. Più di mille donne vennero arrestare. Fu una lotta dura, combattuta da un lato in modo pacifico e dall’altro tutto l’opposto, ma sancì un nuovo passo lungo il difficile percorso dell’emancipazione femminile.

Di Matteo Tezza

Curioso come non mai, sono sempre in mezzo a qualcosa, infatti vengo chiamato prezzemolo

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