Urla che riecheggiano squarciando il silenzio… 
I rumori dei ricordi, nebbia costante e fitta che non si diraderà mai…

di Emma Malavasi

Rimane il vuoto a circondarci.
Oltre a quello, il ricordo della fame, della sete, della sporcizia, della sopravvivenza che portava a campare come topi rintanati in cantina, incapaci di far fronte a qualsiasi bisogno primario. L’essere è stato in grado di oltrepassare il concetto di “umano”, si è avvicinato all’animalesco, al crudo e primitivo vivere.
Quel vuoto che una volta rinchiudeva pianti e urla adesso lascia spazio ad un incessante silenzio. Una folata di vento mi sposta leggermente i capelli, alzo lo sguardo: ombre simili tra loro si manifestano nell’aria, una fumosa passeggiata di fantasmi evanescenti vaga all’interno delle mura.
Immagino il loro disperato e incurabile desiderio di libertà, il quale non riuscì mai a manifestarsi, se non dopo quell’ultimo soffio vitale.
Immagino le famiglie, succubi del tempo e in preda alla paura di un lutto procrastinato e mai definito.
Di questo ambiente mostruoso e rumoroso rimane ben poco. 
Un po’ di polvere.
Oggetti da lavoro accatastati dappertutto. Qualche montagna di abiti: hanno ancora qualche capello attaccato.
Altri ammassi di scarpe, sono presenti numeri decisamente troppo piccoli per aver vissuto tutto ciò.

Di Emma Malavasi

Descrivo specchi che non riflettono.

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