di Andrea Bizzarri
Alle 10 in punto le porte del convento di San Francesco si sono aperte per permettere ai visitatori di fare un viaggio nel passato. A raccontarne la storia quattro guide, coordinate dalla prof.ssa Chiara Delle Negate, docente di storia dei beni culturali dell’Università di Brescia. Ecco cosa abbiamo scoperto.
Della chiesa trecentesca non è rimasto molto, a causa dei bombardamenti avvenuti durante le due guerre mondiali, che hanno lasciato poche testiminianze. Ai tempi della guerra, la chiesa era utilizzata come armeria, pesante e leggera e per questo venne presa di mira.
Le parti originali della chiesa giunte fino a noi sono davvero poche, ma l’architetto Andreani, nella sua ristrutturazione, ha voluto ispirarsi all’antico stile francescano, quello del 1300; nel ‘500 i Gonzaga avevano decorato sontuosamente la chiesa con affreschi e dipinti. Di quell’epoca sono rimasti solo tre affreschi (a loro volta deturpati), situati ora nella navata centrale, ossia il Giudizio Universale, il Trionfo della Chiesa e la Natività (o adorazione dei Magi).
Ma la parte della chiesa più interessante arrivata fino a noi è la cappella dei Gonzaga, unica in tutta Mantova in quanto contenente l’unico ciclo di affreschi del 1300. La cappella è ora sotto restauro, ma le guide hanno permesso di dare una sbirciatina: la struttura è simile a quella della Cappella degli Scrovegni, ossia con affreschi suddivisi in riquadri, ognuno dei quali narrante una scena della Bibbia. Chiaramente la cappella è di dimensioni nettamente più grandi rispetto alle altre nicchie.
Interessanti le relazioni che i frati avevano con la comunità contadina dei dintorni mantovani. Quando il complesso è stato costruito, era stato edificato all’estrema periferia della città, dove abitava la popolazione più povera e quindi più bisognosa. Il convento era un punto d’arrivo per tutti i contadini che si recavano in città, un’area di sosta talmente importante che nelle cartine gonzaghesche il complesso era evidenziato.
Il percorso conoscitivo si è concluso con la visita al chiostro, la “chicca del convento”, a detta dei frati. Completamente ricostruito a causa dei bombardamenti, ora ospita un’importante scuola di teologia francescana.