di Viola Romanelli

Il conflitto israelo-palestinese è radicato in questioni politiche, territoriali, culturali e religiose nate nel XX secolo e la risoluzione di questo contrasto rimane una delle sfide più complesse e delicate della politica internazionale.

di Hajar Qacem

La nascita di Israele:

Nel 1920, alla fine della Prima Guerra Mondiale, la Società delle Nazioni Unite consegnò alla Francia il controllo del Nord della mezzaluna fertile (l’attuale Siria e Libano) e alla Gran Bretagna la parte meridionale, cioè la Palestina e la Transgiordania (l’attuale Giordania e parte della Cisgiordania – West Bank). Sotto il mandato britannico c’era anche l’Egitto, che dopo soli due anni ottenne l’indipendenza.
Nel 1947 il mandato britannico sulla Palestina giunse al termine, perciò le Nazioni Unite cercarono e approvarono una risoluzione per la ripartizione della Palestina, su cui dovevano
crearsi due stati: uno arabo e uno ebraico.

Nel 14 Maggio del 1948 venne creato lo Stato di Israele, un progetto nato col movimento sionista, fondato da un ebreo ungherese, Teodor Herltz, che sosteneva la necessità di creare uno stato ebraico sulla “terra promessa” da Dio nella Bibbia; l’obiettivo era salvaguardare gli Ebrei di tutto il mondo dall’antisemitismo, che nei secoli si era manifestato in diverse forme di persecuzione e violenza, tra cui i progrom* russi. Il progetto, sostenuto dai Britannici, divenne una necessità dopo il dramma della shoah nazista.

Le guerre arabo israeliane

Lo stato d’Israele fu costruito su territori abitati anche da Palestinesi arabi; se fino a quel momento Arabi ed Ebrei avevano convissuto senza problemi, frequentando le stesse università, lavorando insieme e condividendo le stesse aree, lo stato d’Israele divise i due popoli e portò un esodo che costrinse migliaia di Palestinesi a cercare asilo in altri territori. Nello stesso giorno in cui nasceva lo stato d’Israele per volontà dell’ONU e con l’approvazione dell’allora URSS e degli USA, la neonata Lega Araba (Arabia Saudita, Giordania, Libano, Siria ed Egitto) dichiarò guerra al nuovo stato, considerandolo un’appropriazione indebita di territori arabi. La I guerra arabo -israeliana fu vinta da Israele, che ne approfittò per occupare territori assegnati dall’ONU ai Palestinesi.

La II guerra arabo-israeliana scoppiò nel ’56 a seguito della nazionalizzazione da parte dell’Egitto del canale di Suez. Le navi israeliane sarebbero state costrette a circumnavigare l’Africa, perché un accordo tra Egitto e Israele era impossibile. Il 29 ottobre di quell’anno Israele, Gran Bretagna e Francia attaccarono l’Egitto e il canale di Suez finì sotto il controllo dell’ONU.

Nello stesso anno nacque la prima forma di resistenza palestinese, guidata da Yasser Arafat, denominata AL – FATAH, che poi diventerà la forza militare dell’OLP – l’organizzazione per la liberazione della Palestina.


Nel 1967 scoppiò la III guerra arabo-israeliana: dopo che cacciabombardieri siriani erano stati abbattuti da Israele, l’Egitto chiese all’ONU di ritirare i caschi blu da Gaza e dal Sinai. L’ONU accettò e l’Egitto vi concentrò 80.000 soldati e fornì armi ai Palestinesi. Israele si sentì minacciato e, a sorpresa, attaccò Giordania, Egitto e Siria il 5 giugno. Israele, militarmente più forte, vinse nuovamente e occupò diversi territori, tra cui Gerusalemme (che era stata posta sino a quel momento sotto l’amministrazione ONU), la striscia di Gaza, la Cisgiordania e le alture del Golan e del Sinai. In quello stesso anno la risoluzione ONU n.242 chiese a Israele di recedere dai territori occupati. Invano.

Illustrazione di Viola Romanelli

Illustrazione di Viola Romanelli

I tentativi di pace

Gli anni ’70 videro una nuova guerra ma anche il tentativo, a Camp David, di negoziare una pace e di giungere a una soluzione. Tra le richieste, oltre al ritiro delle truppe israeliane dal Sinai, anche il riconoscimento del diritto all’autonomia del popolo palestinese. I tentativi di pace fallirono e le tensioni si inasprirono, così come peggiorarono le condizioni di vita dei Palestinesi.

Si giunse così al 1987, l’anno della prima Intifada (= in arabo significa rivolta), un movimento popolare non armato, caratterizzato soprattutto dal lancio di pietre, da parte di ragazzi e bambini palestinesi, contro mezzi e militari israeliani, presenti sui loro territori come occupanti. Gli scontri causarono circa 1900 palestinesi e 200 israeliani morti.

Fu proprio in quel momento che nacque HAMAS, un’organizzazione politica e paramilitare sunnita, costituitasi per combattere Israele, che si insediò nella striscia di Gaza, da cui non se n’è più andata.  Hamas, che non riconosce l’esistenza dello Stato Israele, è stato inserito nella lista delle organizzazioni terroristiche di USA e UE.  Dal 2007 anche OLP e l’Autorità Nazionale Palestinese (nata nel 1993, durante gli accordi di Oslo, come organismo politico di autogoverno palestinese) hanno sospeso i rapporti con Hamas.

Gli anni ’90 furono connotati da altri tentativi di pace ma anche da attentati terroristici di matrice islamica, che destabilizzarono ancora di più Israele. Uno spiraglio si aprì a Washington. Ma mentre Arafāt, insieme ai primi ministri israeliani Shimon Peres e a Yitzhak Rabin, venivano insigniti del premio Nobel per la pace, Rabin veniva ucciso da un estremista israeliano. Lo sostituì l’attuale premier, il politico Benjamin Netanyahu, che ruppe il processo di pace. Attentati terroristici da parte dei Palestinesi tramite i kamikaze e violente repressioni israeliane con bombardamenti e soprusi sui civili continuarono negli anni seguenti.

*progrom: termine russo che significa “demolire o distruggere con atti violenti e si riferisce alle violente aggressioni contro gli Ebrei da parte delle popolazioni locali, avvenute nell’Impero Russo tra il 1881 e il 1884 e che portarono all’esodo di massa degli Ebrei russi in Palestina.

Continua…..

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