La storia insegna che i grandi cambiamenti, soprattutto nell’ambito dei diritti civili e della legislazione, sono avvenuti in seguito a manifestazioni popolari.

di Janiss Zanoni

Credete davvero che le donne avrebbero ottenuto l’uguaglianza se fossero rimaste in cucina come veniva detto loro di fare dalle figure maschili della casa? Se la risposta a cui avete pensato è no, avete pienamente ragione. Guardando al passato, ringraziamo le persone che hanno deciso di manifestare e che, creando scompiglio, hanno portato ad un cambiamento da cui molti hanno tratto un vantaggio. Le persone che manifestano sono sempre state malviste, tuttavia si dovrebbe apprezzare chi ha la forza di protestare, proprio perché la storia insegna che è solo grazie a loro se il popolo ha ottenuto ciò di cui aveva bisogno.

Grandi movimenti pacifici hanno segnato la storia e molti di questi sono partiti dai giovani: pensiamo al ‘68, che metteva in discussione il rapporto autoritario tra le generazioni, chiedeva più libertà di espressione, più diritti per gli ultimi e per le persone di colore e credeva nella pace in piena guerra in Vietnam. Nel 1999 giovani di ogni colore e orientamento politico, associazione laica o religiosa scesero in piazza con cortei che mettevano in discussione lo strapotere delle multinazionali e chiedevano maggiore uguaglianza e giustizia sociale per tutti i popoli del mondo. Una piccola frangia di loro, definita anarco- insurrezionalista, compì atti violenti e vandalici, ma il resto del movimento si limitò a pacifiche manifestazioni di piazza. Di recente il movimento Black Lives Matter, a seguito della morte di George Floyd, attraverso manifestazioni, nella maggior parte dei casi non segnate da atti vandalici, è riuscito a portare al centro del dibattito internazionale il problema del razzismo e della violenza della polizia verso la comunità afro americana negli USA.

Tuttavia i giovani di oggi faticano a farsi ascoltare e ad attirare l’attenzione sui grandi problemi come quello ambientale: ne è un esempio il movimento FFF (Fridays For Future), le cui continue manifestazioni, partite dall’impegno di Greta Thunberg, non hanno ancora convinto i governi di tutto il mondo ad adottare i provvedimenti necessari a fermare il surriscaldamento globale, così come concordato nelle varie COP, la conferenza delle Parti delle Nazioni Unite.

Alcuni giovani sono passati dalle manifestazioni di piazza all’attivismo. È il caso degli attivisti di Ultima Generazione: “Compiamo azioni di disobbedienza civile nonviolenta per ottenere misure di contrasto al collasso ecoclimatico a cui stiamo andando incontro a causa delle troppe emissioni”, scrivono sul loro sito. Alcuni di loro hanno dunque iniziato a imbrattare monumenti e quadri all’interno dei musei o ingressi di palazzi di sedi istituzionali, senza alcun intento di rovinarli (le vernici usate erano lavabili e spruzzate non sulle tele ma sui vetri o sui plexiglass, nel caso dei quadri, ad esempio).

Bloccare le strade e imbrattare pareti e quadri sono gesti che infastidiscono, ma è proprio questo fastidio che riesce a smuovere l’animo delle persone che sono solite rimanere immobili o indifferenti di fronte ai problemi che persistono.

Eppure l’opinione pubblica e il mondo della politica giudicano negativamente gli attivisti, tacciandoli di vandalismo. Quando è stato imbrattato palazzo Madama con una vernice lavabile, la risposta ricevuta dal Presidente del Senato e dal Ministro dell’Interno è stata quella di aumentare le misure di sicurezza, invece di dare ascolto alle parole degli attivisti, per salvaguardare il futuro dell’intero pianeta.

La causa che smuove questi atti non è il gusto effimero di creare scompiglio o il desiderio di distruggere, non c’è trasgressione gratuita né violenza; al contrario c’è coscienza civica, impegno e volontà di esporsi e mettersi in gioco per il bene pubblico. Il mondo della politica e dell’economia, ignorando le continue richieste di ascolto, indirettamente rende questi gesti necessari. Non si tratta di provocazioni giovanili fini a sé stesse ma di voci non violente che vogliono un cambiamento per un futuro migliore e più giusto. 

Per essere ascoltati bisogna fare rumore e se nessuno ascolta quando il problema è grande, l’attivismo si accende.

Ricordiamo che questa è solamente l’opinione di una redattrice, non ci aspettiamo che sia condivisa da tutti; in tal caso, vi invitiamo ad esprimere la vostra nei commenti (sempre in maniera educata e civile).

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