Il recente terremoto in Turchia ha mostrato il suo chiaro potenziale catastrofico e piegato definitivamente la popolazione siriana

di Hajar Qacem

Il violento terremoto, di magnitudo 7.8 di lunedì 6 febbraio tra la Turchia e la Siria, ha causato più di 50.000 vittime; numerosi i feriti ancora sotto le macerie, intrappolati sotto gli innumerevoli crolli delle abitazioni delle zone residenziali.

La terribile scossa è stata seguita da oltre 1300 scosse di assestamento, una al ritmo di ogni 3 minuti circa.

Anche le popolazioni di Cipro, del Libano, della Palestina hanno avvertito il devastante terremoto.

Il “New York Times” ha riferito che il terremoto del 6 febbraio è stato della stessa portata sismica del terremoto del 1939, che è stato il più forte mai registrato nella storia turca.

Le aree geografiche colpite rientrano nella “East Anatolian Fault”, un’area tettonica di confine tra la placca anatolica e quella araba. Quando queste due placche vengono a contatto, il loro attrito provoca effetti catastrofici.

L’epicentro del sisma, secondo le rilevazioni, era posizionato a 20 km di profondità, e si è propagato verso l’alto, raggiungendo, e letteralmente spaccando, la superficie terrestre.

Oggi la Turchia ha preso la drammatica decisione, dopo quasi tre settimane dall’evento, di interrompere le ricerche di eventuali superstiti, poiché sarebbe altamente improbabile che chi è disperso possa essere ancora in vita. Ma nelle province di Kahramanmaras e Hatay, le due più martoriate zone, alcune squadre di volontari continuano le ricerche: il bilancio delle vittime è così destinato a salire.

Il segretario di Stato americano, Antony Blinken, ha raggiunto la Turchia per portare il sostegno di Washington, annunciando altri 100 milioni di dollari di aiuti.

Per la popolazione siriana, già allo stremo per l’incessante guerra che dura ormai da più di dodici anni, questo terremoto rappresenta un ulteriore colpo. La ONG International Rescue Committee ha lanciato l’allarme per gli aiuti umanitari in Siria, affermando che la situazione è ancora più drammatica che in Turchia, proprio a causa del conflitto militare in corso dal 2011.

La maggior parte delle persone delle zone del nord-ovest siriano sono state già sfollate almeno 20 volte e l’assistenza medica era “al limite delle capacità, anche prima di questa tragedia”.

Anche l’Organizzazione mondiale della Sanità ha dichiarato di essere seriamente preoccupata per le aree siriane, soprattutto di quelle occupate dai ribelli, dalle quali non sono mai arrivate informazioni riguardanti i danni e le vittime del terremoto.

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