Di recente, nel parlamento europeo è stata introdotta una nuova serie di norme che andrà a regolare l’uso degli imballaggi monouso in plastica. Scopriamo perché l’Italia si è mostrata contraria.
di Andrea Bizzarri
Martedì 25 ottobre la commissione Ambiente del Parlamento europeo ha sancito la sua posizione negoziale nei confronti del Ppwr (Proposal Packaging and Packaging Waste). Il testo, già proposto dalla commissione alla fine di gennaio di quest’anno, avrebbe dovuto definire diversi obbiettivi di riciclo e riuso e anche norme che riguardavano la produzione. Ma l’opposizione di diversi europarlamentari, in testa quelli italiani, ha fatto sì che la proposta venisse sottoposta ad una profonda modifica, con evidente delusione da parte dei gruppi ambientalisti. Lo scorso 22 novembre è stata approvata una sostanziale modifica del documento (all’incirca 500 le proposte di emendamento), che si risulta dunque “annacquato” rispetto a quello originale.
Se il documento fosse stato approvato così com’era stato partorito, avremmo percepito diversi cambiamenti significativi, in primis nei supermercati. Fra gli scaffali europei tutta la verdura e la frutta sfusa di peso inferiore al chilo e mezzo non avrebbe più avuto imballaggi monouso, come ad esempio le insalate in busta e le reti che racchiudono gli agrumi. Nel settore dell’hôtellerie (bed and breakfast, hotel, ecc.) entro la fine del 2027 non avremmo più potuto portarci a casa tutti i flaconcini degli shampoo e degli altri prodotti per il corpo, che solitamente le strutture mettono a disposizione per i clienti. Nella ristorazione sarebbero stati banditi tutti i vassoi e le stoviglie monouso e tutte le piccole bustine contenenti salse varie. Nell’ambito del packaging, invece, sono state previste riduzioni graduali per quinquenni fino al raggiungimento 20% in meno entro il 2040. Si è inoltre introdotto il modello cauzionale tedesco su bottiglie ed altri tipi di imballaggi.
L’opposizione italiana
L’Italia, che nel settore del riciclo è un modello europeo, ha criticato il testo. Numerosi erano gli eurodeputati di destra contrari (FdI e Lega in testa, anche se in quest’ultima si è vista una scissione) ma non è mancata neanche l’opposizione dei pentastellati e del PD. Le principali ragioni sono state gli importanti investimenti che lo stato italiano ha effettuato nel settore del riciclo e i traguardi raggiunti (nel 2022 l’Italia ha raggiunto il 72% di tasso di riciclo), oltre a ragioni igienico-sanitarie. La posizione italiana ha ottenuto un’aggiunta al testo: gli stati che entro il 2026 raggiungeranno un tasso di riciclo di almeno l’85% saranno esonerati dall’obbligo del riuso. Secondo Paolo de Castro, membro della commissione europea dell’agricoltura, il testo originale avrebbe messo a rischio migliaia di posti di lavoro nel settore agroalimentare. Anche dal punto di vista degli sprechi alimentari è stato chiaro, sottolineando quanto essi siano limitabili proprio grazie all’utilizzo di questo tipo di contenitori.
La modifica finale al documento, approvato dai Verdi, dal Movimento 5 Stelle, dal PD e anche da Forza Italia, e invece ancora criticato dalla Lega e dal partito della Meloni, ha sancito sulla carta che i sacchetti monouso molto sottili saranno permessi “per motivi igienici e di spreco”, quindi pragmaticamente permettendone l’uso.
La terza R tralasciata: la riduzione.
Il documento dell’Unione europea parla chiaro: si pone molto l’attenzione sul riuso (si è data la possibilità alle persone di portare il proprio contenitore per il take away) e sul riciclo, ma purtroppo della riduzione non vi è quasi traccia. Certo, questo testo è già un passo in avanti, seppur piccolo, per il nostro Pianeta, ma non pone il focus su una questione altrettanto importante. Gran parte dell’inquinamento si produce per lo smaltimento, ovvio, ma non si considera comunque che una parte per nulla trascurabile è prodotta dalla creazione di qualcosa. Come predica Elisa Nicoli, conosciuta come eco narratrice sui social, anziché comprare appositamente una borsa in tela per la spesa (che riesce a compensare le emissioni date dalla produzione rispetto alle sportine usa e getta dopo all’incirca 130 utilizzi), è preferibile utilizzare ciò che si possiede già, qualsiasi cosa sia e di qualsiasi materiale sia.
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